La procura di Caltanissetta chiede di archiviare le indagini nate dalle dichiarazioni di Maurizio Avola

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31 gennaio 2025 – Quando sostiene di aver partecipato alla strage di via D’Amelio, Maurizio Avola mente. Almeno secondo la Procura di Caltanissetta, che ha chiesto per la seconda volta di archiviare le indagini nate dalle dichiarazioni del collaboratore. In un provvedimento di 42 pagine il procuratore Salvatore de Luca e l’aggiunto Pasquale Pacifico scrivono che “quanto emerso non può che far propendere per la totale falsità del narrato” e confermano il “sospetto” che Avola possa “essere eterodiretto”. Oltre alla “portata oggettivamente falsa e calunniosa”, infatti, i pm sottolineano ancora una volta che le dichiarazioni del pentito sembrano orientate a “precludere ogni ulteriore possibile sviluppo investigativo rispetto alle piste, emerse in plurimi dibattimenti, del coinvolgimento nella fase ideativa ed esecutiva delle stragi di soggetti esterni a Cosa Nostra”.

La richiesta, datata 17 dicembre, è stata inviata al gip Santi Bologna: dovrà decidere se archiviare o meno le posizioni di Avola (che potrebbe rischiare un processo per calunnia) e dei tre boss accusati dal pentito. Si tratta di Marcello D’Agata, Eugenio Galea e Aldo Ercolano: non hanno mai collaborato e si sono sempre proclamati innocenti. Nell’ottobre 2022, i pm avevano già chiesto l’archiviazione, ma il gip ha ordinato nuove indagini. “Sono emersi elementi che smentiscono del tutto il racconto di Avola”, sostiene oggi la procura. Tra le verifiche chieste dal gip, anche quelle relative alla frattura subita dall’ex killer nei giorni precedenti al 19 luglio 1992: i pm avevano documentato che era stato fermato a Catania, a un posto di blocco, col braccio ingessato, solo 24 ore prima della strage. All’inizio il pentito aveva negato, ma poi aveva sostenuto di essersi fatto sostituire il gesso con una fasciatura mobile, che sfilava a suo piacimento. Una versione definita “possibile” dai periti nominati dal gip, ma che i consulenti dei pm considerano “improbabile”. “Conclusioni medico legali così discordanti” non possono “certamente costituire un positivo elemento di riscontro ”, scrive la procura. “Cosa Nostra – sottolinea – si sarebbe servita di un uomo con un braccio fratturato per eseguire un fatto di tale importanza criminale, correndo il rischio concreto di un grave fallimento operativo”.

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Secondo i pm, anche “l’escussione di Avola in incidente probatorio non ha consentito di dissipare le gravi contraddizioni su uno degli aspetti centrali dell’intera vicenda ma, anzi, li ha acuiti”. Il riferimento è all’esplosivo: Avola aveva già raccontato di aver consegnato ai “palermitani” un carico prima delle stragi. Poi, quando ha sostenuto di aver preparato l’autobomba usata per uccidere Paolo Borsellino, ha spiegato di essersi accorto che si trattava dello stesso tipo di materiale. Quale? “Panetti di T4 di circa 20 cm” e “candelotti da cava più piccoli”. Nel 1995, però, quando aveva raccontato per la prima volta di quella consegna, aveva riferito di “cilindri lunghi 40 cm”. Si era contraddetto anche sulla quantità: prima aveva parlato di 80 kg, poi di circa 200. Davanti alle contestazioni del pm, ha risposto così: “Io non dico bugie, ma non ho detto mai tutta la verità, forse neanche tuttora”.

Per la procura “basterebbe questa sola affermazione per mettere fine a ogni discussione” sulla sua “credibilità”. Durante l’incidente probatorio, Avola ha detto anche altro. Per esempio si è autoaccusato per la prima volta dell’omicidio di Renato De Pedis, il “Dandy” della Banda della Magliana. E ha pure sostenuto di aver commesso un delitto per conto dei Servizi segreti nel 1993. Quando gli sono stati chiesti dettagli, ha risposto così: “lo di Servizi segreti non ne parlo più”. I verbali con le dichiarazioni di Avola sono stati inviati a Roma. Per i pm nisseni “gettano” in ogni caso “un’ulteriore ombra sulla sua attendibilità” . Il motivo? “Se si dimostrasse la falsità” di queste affermazioni sarebbe “la prova di una personalità incline alla calunnia”. Se invece Avola avesse detto la verità, vorrebbe dire che ha avuto “contatti con settori dei Servizi segreti” poco dopo la strage. Rapporti che “si è sempre ben guardato dal riferire e che assumerebbero certamente rilievo nel contesto delle indagini”.

Giuseppe Pipitone (Il Fatto Quotidiano)

 

 

 



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