La Banca europea si converte alle spese militari

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La Banca europea degli investimenti (Bei) raddoppia la quota di finanziamento dedicato al settore sicurezza e difesa. Si tratta in realtà di un aumento al quadrato, perché il miliardo di euro destinato agli investimenti bellici nel 2024 è desinato a diventare di due nel corso dell’anno corrente, come ha annunciato la presidente Nadia Calviño nel corso della conferenza di presentazione dei risultati annuali dell’istituto di credito Ue. Una cifra forse piccola sul totale di quasi 100 miliardi che la Bei destina a progetti infrastrutturali e dedicati alla transizione green. Una cifra importante se si pensa che il mandato originario dell’istituto con sede in Lussemburgo non era certo quello di armare il continente. Ma le continue pressioni da parte della Commissione Ue e dei paesi membri, che ne sono azionisti, la fa slittare sempre di più verso una Banca europea degli armamenti.

IL TEMA del finanziamento all’industria della difesa ritorna con forza a pochi giorni dal primo vertice straordinario dei leader interamente dedicato al tema. Lunedì prossimo i capi di governo dei Ventisette si vedranno al Palazzo d’Egmont, a Bruxelles, appositamente convocati dal presidente del Consiglio europeo Antonio Costa. Non tanto per sciogliere i nodi operativi: tante le ipotesi in campo che potrebbero non toccare terra, compresa quella sempre caldeggiata dall’Italia della flessibilità nelle spese militari rispetto agli obblighi del Patto di stabilità. Anche la proposta da poco reiterata dall’ex commissario Paolo Gentiloni dalle colonne di Repubblica («un fondo europeo da 500 miliardi farebbe la differenza») rischia di essere poco più che l’ennesimo ballon d’essai. L’ipotesi è avversata da sempre dai paesi frugali mentre è facile prevedere come la Germania, in corsa verso il voto anticipato di fine febbraio, non prenderà decisioni fino all’insediamento del nuovo cancelliere. Ma dalla ministra degli Esteri Ue Kallas al commissario alla difesa Kubilius, i vertici dell’Unione vogliono tenere testa a Trump, quando chiede agli alleati atlantici di alzare la quota del pil destinato alle spese militari fino al 5%. Un obiettivo al momento sfiorato dalla solo Polonia, mentre Italia e Spagna tra gli altri restano ben sotto il 2%).

LA MODALITÀ di come reperire i fondi (che il rapporto Draghi stima nella cifra da capogiro tra i 7 e gli 800 miliardi di euro l’anno) rimane un rompicapo, ma il tema dell’aumento degli investimenti armati è di sicuro sul tavolo. Di questo, oltre che di sviluppo delle capacità europee e rafforzamento della competitività del settore industriale ha parlato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni in una telefonata con il cancelliere tedesco Scholz, proprio in vista del vertice informale di lunedì prossimo. E della necessità di mettere l’istituto del Lussemburgo al servizio del nuovo corso è consapevole la stessa presidente della Bei. Pur ricordando di «non essere il ministero della Difesa», Calviño ha comunque rimarcato: «Stiamo rispettando il nostro mandato, ampliando i finanziamenti in difesa e l’ammissibilità dei progetti».

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LA DISCUSSIONE per iniziare a mettere le mani sulla riserva aurea rappresentata dalla Bei si era aperta la scorsa primavera, a seguito delle richieste della Commissione Ue per far fronte alle spese della guerra in Ucraina. Lo statuto prevede infatti che la Bei non possa finanziare progetti di uso esclusivamente militari, ma solo se accompagnati anche da quello civile. Pur rispettando formalmente il mandato, lo scorso anno l’istituto si è già mosso per sovvenzionare progetti che vanno sempre di più nella direzione della corsa agli armamenti. Calviño ha voluto citare alcuni esempi a dimostrazione del nuovo corso, come la spesa per satelliti dual-use in Polonia, quella per la ristrutturazione dei porti danesi per venire incontro alle esigenze delle imbarcazioni Nato e gli investimenti in un ulteriore fondo europeo (Eif) che mette soldi in nuova tecnologia, di cui la stessa Bei è azionista di maggioranza.

ANCHE DEL CAMBIO di statuto della Bei per finanziare direttamente il settore Difesa si parlerà al summit di lunedì prossimo. «C’è l’urgenza e la volontà di guardare alla questione ed esplorare il più possibile i modi per usare la Banca», ha confidato un diplomatico, chiarendo poi che «è ancora troppo presto per parlare di consenso». Però la direzione politica è chiara. Ieri, tra l’altro, la Commissione ha sbloccato un miliardo di fondi per progetti di ricerca e sviluppo nel settore della difesa. Questa mattina invece un gruppo di europarlamentari italiani (tra loro i Pd Tarquinio, Benifei e Strada; i Verdi Orlando e Marino; i 5S Pedullà, Tamburrano e Morace) si incontra per rilanciare l’iniziativa pacifista. Contro l’Europa che «invece di mettere al centro la pace» si concentra su «produzione di armi e piani di guerra».



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