di Eugenio Di Rienzo
Il volume di Vincenzo Barra, «La mala noche que pasé». La Spagna di Carlo III e il regno di Napoli tra conflitto e resistenza 1780-1788, edito da Rubbettino Editore, ricostruisce le difficili relazioni diplomatiche tra il Regno di Napoli e la Spagna nell’ultimo squarcio del XVIII secolo, focalizzandosi sul momento più acuto della crisi, che si verificò tra il 1783 e la morte di Carlo III, nel 1788. Nello stesso momento in cui la politica di José Moñino y Redondo, conte di Floridablanca, potente Primo ministro spagnolo, puntava all’emancipazione dalla tutela della Francia e alla fine della subordinazione degli interessi spagnoli a quelli francesi, anche il Regno di Napoli, dietro il convinto impulso della regina Maria Carolina, di cui decisamente sopravaluta il ruolo rispetto a quello del consorte Ferdinando IV, decideva di attuare un cambio di alleanze, orientandosi verso l’Austria per liberarsi della protezione e del condizionamento spagnolo.
L’autore ha scelto di studiare in maniera specifica la crisi in quanto momento rivelatore della fisiologia empirica del sistema diplomatico spagnolo nel regno di Carlo III, dei suoi caratteri e dei suoi limiti, ma la crisi si rivela una prospettiva particolarmente fruttuosa anche per il suo carattere multidimensionale. Viene indagata, infatti, non solo in quanto rottura politico-diplomatica, che portò a nuovi equilibri in Europa e nel Mediterraneo, ma anche come rottura delle relazioni familiari, cercando di utilizzare la carica affettiva ed emozionale di quelle vicende come strumento euristico.
Nel volume, quindi, si guarda alla diplomazia europea di fine Settecento non solo come elemento politico, ma soprattutto come speciale angolo visuale da cui studiare ciò che precede e segue la funzione consueta di informazione e rappresentanza. L’obiettivo dichiarato, perciò, è innanzitutto quello di riuscire a far apprezzare lo scarto tra istruzioni, saperi e competenze personali degli agenti diplomatici. Particolare enfasi viene posta, perciò, nella ricerca della capacità di agire dei plenipotenziari e degli incaricati d’affari, anche attraverso canali paralleli e non ufficiali, così come un’attenzione privilegiata viene rivolta al ruolo che le loro emozioni svolgono nella costruzione di uno spazio di autonomia nell’azione diplomatica. Il protagonismo politico e diplomatico di Maria Carolina, poi, viene esaminato, e a volte enfatizzato, incorporando nell’analisi la prospettiva dell’emotional self-fashoning, considerando un modello interpretativo di condotta emozionale di genere nello studio dell’azione diplomatica senza farne un feticcio o assolutizzarlo.
In maniera originale, le corrispondenze diplomatiche riservate vengono studiate come egodocuments, per far emergere da esse gli individui, la società e i gruppi di interesse, e per porre maggiore attenzione anche a ciò che precede la missione, la costruisce e la immagina. Ponendo l’attenzione sulla interazione profonda tra il sé e la fonte documentaria, cioè, quest’ultima viene esplorata alla ricerca di elementi utili alla comprensione dell’esperienza individuale. Questo approccio porta l’elaborazione teorica degli egodocumenti in un nuovo territorio scientifico, facendola uscire dalla consueta sfera privata. O meglio, questa definizione più ampia di egodocuments consente all’autore di trovare nuovi modi di indagare il privato all’interno della sfera pubblica e il pubblico all’interno della sfera privata. In questa maniera la ricerca dimostra come sia possibile arricchire lo studio e l’interpretazione della documentazione, trasformando le corrispondenze diplomatiche riservate anche in una sorta di “contro-archivio” di coloro che sono stati lasciati ai margini dell’indagine storica, come i componenti della rete filospagnola nel Regno di Napoli, dentro la corte, i ministeri e nell’esercito, smantellata da Acton, Ferdinando e Maria Carolina; ma anche emergono in primo piano alcune figure altrimenti sfuggenti, quali quelle del tenente colonnello Bressac e di Fortunato de Luna, uomini dei servizi segreti napoletani che svolgevano un’azione diplomatica del tutto parallela ai canali ufficialmente riconosciuti. Soprattutto, l’approccio seguito dall’autore offre la possibilità di indagare le scelte “irrazionali” o “emotive” degli individui, nella convinzione che questo tipo di visuale possa contribuire a mettere «più vita nella storia» e ad accorciare le distanze tra scienze storiche e scienze della vita.
In questo senso spicca senz’altro il protagonismo di Maria Carolina, i cui rapporti con i diplomatici spagnoli danno forma e sostanza all’intera vicenda. Alla sua “diplomazia dell’insulto” tesa a spiazzare l’interlocutore per renderlo inoffensivo attraverso il sovvertimento delle norme di comportamento comuni e socialmente accettate, i suoi avversari risposero con la diplomazia “dell’intrigo” e il tentativo di ricattare la regina attraverso il furto di alcune sue compromettenti lettere. Fu l’ambasciatore spagnolo Simón de las Casas, a mettere in atto un vero e proprio bluff, fingendo di possederle per ottenere la destituzione dell’odiato Acton.
In equilibrio tra caso e necessità storica, tra agency ed emozioni, la documentazione fa emergere come protagonisti gli individui e le loro relazioni: insieme a diplomatici, re, regine, imperatori e primi ministri, vengono così alla ribalta anche cardinali, spie, inviati straordinari segreti e principesse che guidano partiti di corte e organizzano complotti contro i propri sovrani.
La nomina di John Acton alla segreteria di Stato per la Marina nel 1779, e l’anno dopo, anche a quella di Guerra, fu un ulteriore motivo di allontanamento tra Napoli e Madrid. In questo contesto, l’intreccio tra politica estera e politica interna, infatti, era divenuto particolarmente stringente e la lotta tra le fazioni di corte prendeva corpo attraverso un complesso gioco di specchi, nel quale dissimulazione e segretezza giocano un ruolo essenziale. Il partito spagnolo, fortemente sostenuto e determinato da un coeso gruppo di potere, costituito essenzialmente da potenti signori siciliani legati tra loro da parentela, era di fatto guidato dal marchese della Sambuca, primo segretario di Ferdinando IV. Il Sambuca, infatti, praticamente esautorato dal potere di Acton, si era spostato sempre più decisamente nell’orbita spagnola, nel tentativo di provocare l’intervento di Carlo III contro il segretario di Guerra e Marina.
La prima parte del volume prende in esame la fallimentare ambasciata a Napoli del visconte de la Herrería: sua è la mala noche, la brutta nottata, a cui si fa riferimento nel titolo. La continua tensione nervosa che la “diplomazia dell’insulto” gli infliggeva provocò al visconte della Herrería un crollo psico-fisico, che accompagnerà il collasso del sistema diplomatico e determinerà la sua richiesta di trasferimento.
Alla crisi tentò inutilmente di porre rimedio il cardinale de Bernis, accogliendo la richiesta di una mediazione francese. La sua visita a Napoli e la successiva corrispondenza con Maria Carolina non portarono a nessuna conclusione. La seconda parte del volume, invece, offre l’opportunità di indagare, analizzando la sconfitta del plenipotenziario spagnolo Simón de las Casas e il suo bluff, al violento smantellamento della rete spagnola operante a Napoli; particolarmente rivelatrice, in questa ottica, è la persecuzione della principessa di Iaci, accusata di aver materialmente rubato le lettere compromettenti di Maria Carolina allo scopo di ricattarla per bloccarne l’azione politica antispagnola e lo scandalo si ritorse così contro Simón de las Casas. La deriva che seguì al doppio fallimento diplomatico spagnolo portò poi, dopo la sostituzione del marchese della Sambuca con Caracciolo al vertice del Regno di Napoli, prima a relazioni indirette con la Spagna, mediate dalla Francia, e poi ad un vero e proprio vuoto diplomatico.
Ne emerge una diplomazia spagnola del tutto incapace di elaborare una vera strategia di negoziazione. Insieme alla documentazione spagnola, quella francese, con i suoi ripetuti tentativi di mediazione, restituisce alla vicenda il respiro europeo che investì fortemente tutto il blocco di potere borbonico. I carteggi dei diplomatici imperiali ai quali il libro ampiamente attinge e che sono inediti, hanno il pregio di rendere più concreta l’esistenza di quello che per gli ambasciatori spagnoli era il “convitato di pietra”: la presenza silenziosa e incombente degli Asburgo. In questo senso, un interessante e inedito sguardo sull’intera vicenda è proprio quello offerto dalla corrispondenza del conte Carlo de Richecourt e Ray, ministro plenipotenziario imperiale a Napoli.
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