L’ultimo rapporto di Oxfam significativamente intitolato “Disuguaglianza: povertà ingiusta e ricchezza immeritata”, relativo alla povertà nella sua dimensione mondiale, ha evidenziato una situazione disastrosa. Le disuguaglianze stanno aumentando e, nel contempo, ha subito un forte incremento il numero delle persone che sono sempre più ricche. Basti pensare che, nel corso del 2024, il patrimonio dei dieci uomini più facoltosi al mondo è cresciuto, in media, di quasi 100 milioni di dollari al giorno. In altre parole, l’1% più ricco della Terra, dispone di quasi la metà, ovvero del 45% di tutta la ricchezza netta del pianeta, addirittura con comparsa dei primi “trilionari”. Dall’altre parte invece, il numero assoluto di persone che vivono sotto la soglia di povertà stabilita in 6,85 dollari al giorno, ad oggi, è lo stesso del 1990, ovvero poco più di 3,5 miliardi di persone. Da questo quadro a tinte fosche, si possono ricavare molti dati, il primo è costituito dal fatto che, la crescita della ricchezza dei miliardari, è in parte riconducibile a sistemi di relazioni clientelari e, soprattutto, intrecciata con l’immenso potere di mercato esercitato dalle imprese che controllano o dirigono e, di conseguenza, non producono lavoro e, al contrario, usurpano risorse ai Paesi più poveri. Ciò, in alcuni casi, può mettere in pericolo la partecipazione democratica ad ogni livello.
Venendo alla situazione dell’Italia invece, si confermano ampi squilibri nella distribuzione della ricchezza delle famiglie, tanto che, 5,7 milioni di persone, versano in condizione di povertà assoluta e il 10% più ricco dei nuclei familiari possiede oltre otto volte la ricchezza della metà più povera delle famiglie. Inoltre, il 63% della ricchezza miliardaria in Italia è frutto di eredità e quindi, si tramanda alle generazioni future. Oltre a ciò, basti pensare che, ben 2,2 milioni di famiglie, non hanno risorse sufficienti per acquistare beni e servizi essenziali e, l’incidenza della povertà familiare è leggermente aumentata dall’8,3% all’8,4%, mentre quella individuale è rimasta al 9,7%. A riprova di ciò, occorre sottolineare che, l’andamento positivo del mercato del lavoro nel 2023, non ha comportato la riduzione del tasso di povertà assoluta, a causa dell’andamento dell’inflazione e dei suoi effetti sulle famiglie meno abbienti. In altre parole, l’occupazione in Italia è migliorata, ma persistono problemi strutturali, come forti squilibri nelle diverse latitudini del Paese e ritardi occupazionali rispetto all’Unione Europea, con giovani e donne che soffrono di sottoccupazione e bassa qualità del lavoro. A fronte dei miglioramenti occupazionali, i salari rimangono stagnanti e, quello medio annuale reale, è rimasto invariato nell’ultimo trentennio. Inoltre, su questo versante, pesa anche la portata delle misure di contrasto alla povertà che hanno sostituito il Reddito di Cittadinanza. Basti pensare che, rispetto al RDC, l’Assegno di Inclusione ha comportato una contrazione del 37,6% del numero dei nuclei beneficiari e, l’altra misura, ovvero il Supporto per la Formazione ed il Lavoro, non funziona e non ha nessuna influenza sull’inclusione lavorativa.
Inoltre, la recente sentenza della Corte Costituzionale, la quale non ha accolto il referendum abrogativo sull’autonomia differenziata, ha dato vita ad alcuni toni trionfalistici ma, per correttezza, è importante ricordare che, la Consulta, qualche tempo fa, in sette punti cruciali, ha stabilito che, tale legge, deve essere totalmente rivista. Ora l’attenzione si sposterà in Parlamento e auspico che, lo stesso, venga messo nelle condizioni di agire, facendo prevalere il buon senso e l’erogazione di servizi omogenei all’altezza delle esigenze dei cittadini, ad esempio all’ambito sanitario.
Il quadro complessivo che ho appena definito dovrebbe portare ad un ripensamento collettivo delle misure di contrasto a povertà ed esclusione lavorativa garantendo la possibilità di accedere a uno schema di reddito minimo a chiunque si trovi in difficoltà, applicando i principi propri della giustizia sociale e della partecipazione democratica nonché favorire una generale ricomposizione del prelievo fiscale e rafforzare l’equità orizzontale del sistema impositivo. In conclusione, quindi, è necessario agire per rendere la società più equa, ridare dignità al lavoro, investire in servizi di qualità accessibili a tutti, agire sulla leva fiscale per ridurre le disuguaglianze.
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