Screening neonatale esteso: l’inclusione della SMA dovrà attendere ancora

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Nella risposta a una recente interrogazione dell’On. Boschi, il Sottosegretario Gemmato ha imputato il ritardo alla mancata entrata in vigore dei nuovi LEA

Con la mancata adozione operativa del Nuovo Nomenclatore, frenata dalla sentenza del Tar Lazio di cui abbiamo parlato qui, la sorte dello screening neonatale allargato all’atrofia muscolare spinale (SMA) sembra una volta di più in sospeso, intrappolata in una rete burocratica intricatissima.

Avevamo in precedenza dato notizia di come, l’11 dicembre 2024, l’onorevole Maria Elena Boschi avesse presentato un’interrogazione in Commissione XII (Affari Sociali) rivolta al Ministro della Salute. Boschi aveva evidenziato come, nonostante il gruppo di lavoro ministeriale avesse già raccomandato nel 2021 l’inclusione della SMA nel panel di screening, a tre anni di distanza non fosse stato ancora emanato alcun decreto ministeriale per aggiornare la lista delle patologie sottoposte a screening neonatale esteso (SNE). Sottolineando, inoltre, le difficoltà delle Regioni, alcune delle quali potrebbero interrompere i programmi di screening per mancanza di risorse.

Per questo, le richieste al Ministro erano se il decreto ministeriale per aggiornare il panel delle malattie fosse in fase di pubblicazione e quali fossero i tempi previsti e se fosse prevista un’azione di dialogo con le regioni per garantire il finanziamento dello screening neonatale esteso alla SMA.

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A dare risposta alla deputata è stato il Sottosegretario Marcello Gemmato, che ha fornito una ricostruzione dettagliata dello stato attuale e i passaggi necessari per completare l’inclusione della SMA nel SNE.

Gemmato ha sottolineato come lo screening neonatale esteso, introdotto con la legge 167/2016, abbia rappresentato una svolta per la diagnosi precoce di malattie metaboliche ereditarie. Dal 2019, con la legge di bilancio, è stata prevista l’estensione alle malattie neuromuscolari genetiche (tra cui la SMA), alle immunodeficienze congenite e alle malattie da accumulo lisosomiale.

Il Gruppo di Lavoro SNE, composto da esperti scientifici e rappresentanti istituzionali, ha identificato un elenco di patologie candidabili per l’aggiornamento del panel. Tra queste, oltre alla SMA, figurano mucopolisaccaridosi di tipo 1, immunodeficienze combinate gravi, deficit di adenosina deaminasi e deficit di purina nucleoside fosforilasi, adrenoleucodistrofia legata all’X, iperplasia surrenalica congenita, malattia di Pompe, malattia di Fabry e malattia di Gaucher.

La raccomandazione di includere la SMA, riporta il Sottosegretario, è stata formulata sulla base di un report di Health Technology Assessment dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas). Inoltre, è stato definito un protocollo operativo per garantire la presa in carico dei neonati positivi, ma l’attuazione resta legata a una serie di passaggi burocratici e normativi.

Secondo Gemmato, infatti, l’entrata in vigore del Decreto Tariffe è un passaggio chiave per attuare i nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA). Tuttavia, tale decreto si applica alle prestazioni già previste nel DPCM del 2017 e non direttamente alle malattie proposte per il nuovo aggiornamento LEA. La SMA, insieme ad altre malattie, è inclusa in una proposta di aggiornamento dei LEA già approvata dal Gruppo di Lavoro e dalla Commissione competente, ma il completamento dell’iter dipende dall’entrata in vigore delle tariffe. Tale passaggio richiede il concerto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) e il successivo perfezionamento del decreto ministeriale.

In sintesi, il Ministero ha ribadito l’importanza dello screening neonatale come intervento essenziale per la sanità pubblica, ma ha anche evidenziato come l’iter normativo e le risorse finanziarie siano ostacoli significativi. Mentre l’aggiornamento del panel SNE sembra avviato, le tempistiche rimangono incerte, con il rischio concreto che alcune Regioni sospendano i programmi esistenti. La situazione così delineata evidenzia l’urgenza di un dialogo più efficace tra Governo e Regioni per evitare la sospensione di un servizio cruciale per la salute pubblica.



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