Il biologo Sergio Arminu: «Gli insetti? Sono il futuro, meno sprechi e dieta bilanciata»

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Sassari «Utilizzare insetti per l’alimentazione umana non è solo una scelta sostenibile, ma anche un’opportunità per ridurre gli sprechi e migliorare la nostra dieta. Gli insetti saranno il futuro dell’alimentazione e non solo». Sono parole di Sergio Arminu, un giovane biologo sardo appena laureato con una tesi incentrata sullo studio di una delle specie inserita dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) fra i Novel Food, alimenti di uso sicuro per l’alimentazione umana. Si tratta del Tenebrio Molitor, meglio conosciuto come la tarma della farina. Un insetto che, grazie alle sue proprietà nutrizionali e al basso impatto ambientale, potrebbe presto diventare un ingrediente comune sulle nostre tavole.

«L’obiettivo della mia ricerca era valutare la capacità di crescita e il valore nutrizionale delle larve di Tenebrio Molitor alimentate con sottoprodotti dell’industria agroalimentare, di scarso valore commerciale, che in alcuni casi rappresentano addirittura un costo di smaltimento a carico dell’azienda che li produce – spiega Sergio Arminu– come la crusca di grano duro, bucce e semi di pomodoro, panello di semi di canapa e trebbie di birra. Questi sottoprodotti diventano alimento per le larve, che a loro volta si trasformano in una fonte di nutrienti di alto valore commerciale e sostenibile». La prima domanda che si fanno in tanti è: perché mangiare gli insetti? Sergio da questo punto di vista non ha dubbi.

«Il Tenebrio Molitor è un insetto straordinario. Per via dei suoi valori nutrizionali si può definire un vero e proprio Superfood. È ricco di proteine, grassi omega-3 e omega-6, vitamine e sali minerali». E i numeri parlano chiaro: per produrre 1 g di carne bovina servono circa 110 litri di acqua, mentre per la stessa quantità di larve ne bastano appena 2 litri. Le emissioni di CO2 e lo spazio necessario per allevarli sono ridotti al minimo. La loro capacità di adattarsi alle condizioni ambientali e nutrizionali più svariate è sorprendente. Tutta una serie di caratteristiche rende l’allevamento di insetti un alternativa per reperire proteine e grassi animali di qualità, sicuri per la salute e che abbracciano appieno il concetto di sostenibilità ambientale.

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L’altra domanda che suscita la curiosità è ovviamente quale sapore abbia e in questo caso la sua risposta è ancora più convinta. «Se liofilizzate, ricordano il popcorn o un alimento tostato – ci spiega – altrimenti se disidratate il sapore è più simile a quello della frutta secca, con note di caffè tostato. Insomma, hanno un sapore gradevole, inoltre, sono ricchi di grassi da cui è possibile ricavare l’olio che ha un profumo incredibile». Eppure, nonostante i vantaggi, c’è ancora molta diffidenza. «C’è chi prova disgusto al solo pensiero di mangiare insetti – ammette – si tratta di una questione di pregiudizio, accadde lo stesso con la cucina giapponese negli anni ’80, dove l’idea di mangiare pesce crudo era fuori dagli standard della cultura culinaria italiana e ora sappiamo tutti che popolarità. Spesso accade quando ci si presenta qualcosa a noi sconosciuto, di non abitudinario. In Asia, Africa e Sud America gli insetti sono parte della dieta quotidiana da secoli».

Il suo progetto non si ferma alla ricerca e alla tesi di laurea. L’obiettivo è trasformare questa sperimentazione in un’attività imprenditoriale. «Inizialmente ci si concentrerebbe sulla realizzazione di mangimi e produzione di petfood per poi arrivare all’alimentazione umana. Si potrebbe creare un’azienda completamente sarda, con uno sguardorivolto al mercato nazionale internazionale. L’allevamento di insetti rappresenta una delle frontiere più promettenti in diversi settori, non solo nell’alimentazione. Sono risorse sfruttabili anche in campo medico, nella produzione di biomateriali e ci sono startup che utilizzano gli insetti per ridurre l’inquinamento delle acque reflue. «Non è solo una questione di sostenibilità – conclude – ma anche di opportunità. Gli insetti possono essere una soluzione concreta per sfamare una popolazione in crescita, limitando l’utilizzo delle risorse del nostro pianeta, che non sono infinite. E possiamo farlo partendo da prodotti che altrimenti butteremo». Una rivoluzione che, forse, inizia proprio da un piccolo insetto come la tarma della farina.



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