L’ennesimo violento temporale autorigenerante in alcune zone della Toscana, ha risollevato, la questione della pulizia delle caditoie e dei tombini. Partiamo intanto dai dati locali, ovvero di quello che è accaduto non direttamente su Empoli ma poco lontano, lungo il corso dell’Orme, attorno a Martignana. Il violento e localizzato nubifragio ha accumulato oltre 50 millimetri in meno di mezz’ora, fra le 8 e 45 e le 9 e 15 dello scorso 28 gennaio. Tralasciando i dettagli che interessano a noi addetti ai lavori (formazione, provenienza, velocità etc) andiamo al sodo, ovvero agli allagamenti avvenuti con il nubifragio, e il seppur solo coreografico innalzamento temporaneo dell’Orme, che tante foto è riuscito a strappare agli empolesi in quelle ore. Premesso e ribadito che i fenomeni sono stati molto localizzati, basti pensare che già alla stazione meteo di Montemagnoli si registravano solo 10 millimetri a fine evento, facciamo due conti, ovvero, è solo colpa dell’inciviltà dell’uomo, oppure ci sono leggi fisiche che non ci permettono di far defluire un determinato accumulo in un altrettanto veloce arco di tempo? La manutenzione del territorio è sacrosanta, nessuno dice il contrario. Mantenere efficienti gli scarichi dell’acqua piovana in ambiente urbanizzato è altrettanto importante per ridurre al minimo il rischio di allagamenti. Tuttavia, non è solo la cattiva gestione ambientale a far sì che possano crearsi problematiche quando il cielo apre le cateratte e scarica le idrometeore: c’è anche il problema di quanta pioggia cade e in quanto tempo. Abbiamo idea che cosa sono 50 millimetri d’acqua in meno di mezz’ora? Sono, semplicemente, 50 litri di acqua che si distribuiscono su un metro quadrato di superficie, cioè l’equivalente di 33 bottiglie da un litro e mezzo che vengono vuotate su una bacinella di lato un metro: se facciamo lo sforzo di comprendere che tutta quella pioggia può cadere anche su un paio di chilometri quadrati (un chilometro quadrato equivale a un milione di metri quadrati), potete immaginare la massa d’acqua che può cadere per esempio da un intenso temporale. Ho scritto questa equivalenza pluviometrica perché mi sembra di capire che, in generale, il concetto di «portata di un evento meteorologico» sfugga a molti. E quindi, tralasciando questo particolare non di poco conto, si crede che, indipendentemente da quanta pioggia cade, il nostro sistema di smaltimento delle acque piovane debba reggere l’impatto. Detto in altre parole, i tombini sarebbero sempre obbligati a ricevere e a smaltire in fretta qualunque sia la massa d’acqua in gioco. Proviamo a semplificare ancora e guardiamo la figura del lavandino. Il getto d’acqua è paragonabile alla precipitazione che cade durante il passaggio di una normale perturbazione: lo scarico, cioè il nostro tombino, riceve senza problemi. Riempiamo ora una bacinella capiente e svuotiamola di getto nel lavandino per simulare la pioggia di un violento nubifragio. A questo punto, credo che sia di una banalità assoluta chiedere se il nostro tombino riesce o meno a smaltire tutta quell’acqua senza andare in crisi. La risposta è scontata e quindi non la scrivo nemmeno. Ribadisco quanto detto all’inizio: la manutenzione del territorio è sacrosanta e mantenere efficienti gli scarichi dell’acqua piovana in ambiente urbanizzato è altrettanto importante per ridurre al minimo il rischio di allagamenti. Però cerchiamo ora di entrare nell’ottica che si possono verificare precipitazioni di gran lunga più impattanti che diventano ingestibili se ristrette nel tempo in cui un tombino riesce a gestire lo scarico di una precipitazione meno intensa, meno abbondante e che si distribuisce su più ore. Discorso simile quindi per gli affluenti, come il o (la) Piovola come viene chiamato il corso d’acqua che si immette nell’Orme. Nelle vicinanze della sua foce, il livello è salito velocemente a causa del repentino innalzamento del torrente principale, che trovando la “coda” del Piovola vuota si è inserito con l’acqua accumulata dall’Orme nel tratto del violento nubifragio. Come vedete mi sono limitato a parlare di fisica, e non di cambiamento di climatico, anche se va detto, che questi eventi a gennaio hanno una frequenza decennale, e se calcolati in sequenza siamo già negli ultimi venti anni con un netto aumento della loro ricomparsa. E tornando alla Fisica non empirica, o se vogliamo dirla in maniera diversa alle “Leggi della Natura”, il principio fisico di Clausius-Clapeyron ci dice che un’atmosfera più calda è in grado di incamerare più vapore acqueo e quindi più materia prima per produrre pioggia, cerchiamo quindi di prenderne atto. La risoluzione dei problemi parte anche dalla consapevolezza che l’atmosfera ha una maggiore capienza e che, se messa nelle condizioni di trasformare un maggiore potenziale pluviometrico in precipitazione reale a causa di un concatenamento di fattori atmosferici alle diverse scale sinottiche, essa può calare il jolly. Appurato quindi che i tombini più lindi ed igienizzati non potranno comunque assolvere in questi casi appieno al loro compito, dovremo quindi ripensare anche in generale ai sistemi fognari, a fare valutazioni su come gestire al meglio questi eventi, che almeno in prospettiva e a statistica vigente non hanno intenzione di diminuire.
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