La gestione del fosforo e del calcio nei monogastrici – Zootecnica

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Si è tenuta a Bologna la giornata di studio sul tema “Gestione del fosforo e del calcio nei monogastrici” organizzata da dsm-firmenich in collaborazione con l’Associazione Scientifica di Avicoltura.

Il convegno, che si è concentrato sull’uso delle fitasi, assai usate nell’odierna industria mangimistica (sono presenti infatti in circa il 90% dei mangimi avicoli e nel 70% di quelli suini), è servito anche per presentare una fitasi di quarta generazione.

La giornata si è aperta con l’intervento del prof. Markus Rodehutscord dell’Università di Hohenheim che ha trattato il metabolismo e l’utilizzazione del fosforo (P) in suini e avicoli. Il calcio (Ca) e il fosforo (P) sono assai legati, per meccanismi fisiologici dipendenti da ormoni, a livello renale e tiroideo. Nelle piante il contenuto di fosforo è variabile, soprattutto di quello non fitato, indigeribile senza l’aiuto delle fitasi, che scindono l’acido fitico. Nel pollo l’assorbimento del fosforo avviene a livello intestinale, dopo il diverticolo di Merkel, a livello prececale. Studi recenti mostrano come nel pollo sia possibile formulare una dieta senza fosfati, purché il Ca non sia in eccesso e le fitasi siano aggiunte regolarmente. Da notare, inoltre, che un eccesso di fitasi, raggiunto un determinato plateau di P assorbito, non ne aumenta l’assorbimento. Anche per i suini è possibile formulare una dieta senza aggiungere fosfati minerali, ma solo fitasi, posto che, di nuovo, il Ca non sia in eccesso.

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Considerato che il P è raro e costoso in natura e quello escreto nelle feci ha un noto impatto ambientale, si ritiene sia possibile diminuire – fino ad arrivare a eliminare – l’aggiunta di fosfati minerali, estraendo il P indigeribile della dieta con l’aggiunta equilibrata di fitasi. Ovviamente ogni specie animale ha le sue peculiarità nella degradazione e nell’assorbimento del fitato, il cui assorbimento, inoltre, potrebbe essere alterato dalla presenza di fosfati minerali aggiunti; dunque, se si fa attenzione soprattutto ai livelli di calcio, sembra possibile, dopo la fase starter, formulare diete senza fosfati minerali aggiunti.

Adam Smith, Manager Enzimi EMEA, ha trattato il ruolo dal calcio e della sua digeribilità nelle diete dei monogastrici secondo una prospettiva di sostenibilità. Il calcare rappresenta la prima fonte di calcio nei mangimi, seguito da gusci di ostrica, fosfato dicalcico, ecc. Le materie prime, invece, ne contengono livelli assai bassi (dallo 0,02% del mais allo 0,33% del pannello di soia), ma in realtà questi dati derivano da medie, perché la variabilità del calcio nelle singole materie prime è notevole: ad esempio dagli USA alcuni tipi di soia arrivano allo 0,76% di contenuto di calcio. Di fatto, anche in virtù del suo basso costo, nei mangimi è frequente un’iperformulazione di Ca (mediamente circa il 20% in eccesso), che influisce sia sul pH gastrointestinale del pollo, che sull’assorbimento del P. Da prove sperimentali, infatti, risulta che un’iperformulazione di Ca porta a minor peso e peggiore conversione ed è stato anche notato un aumento delle pododermatiti in allevamento. Ma, oltre alla quantità di calcio, è necessario anche valutarne la fonte: ad esempio, il calcio derivato dal marmo dà risultati zootecnici migliori rispetto a quello derivato dal calcare gessoso.

Quindi, come per il P, bisogna valutare con attenzione, tramite un’alimentazione di precisione, la quantità e qualità del Ca, sia come materia prima che nei vari ingredienti della formula: così si migliorano le rese, ma si diminuisce anche la dispersione di nutrienti con gli escreta. Di fatto, in diete che contengono fitasi a livelli elevati, il calcare è la prima fonte di Ca, anche se le prove sulla sua solubilità danno risultati differenti nei mangimi formulati in vari Paesi. Ciò dipende da vari fattori, come la dimensione delle particelle, la solubilità, la porosità, la presenza di altri elementi traccia, ecc. In qualsiasi caso, la digeribilità del calcio migliora in presenza di fitasi, qualsiasi sia la fonte di calcio in termini di granulometria, solubilità, ecc. Ciò vale sia nel pollo che nel suino, pertanto una migliore conoscenza della qualità e quantità di calcio nella formula consente risparmio e migliori performance.

Su HiPhorius™, la fitasi di quarta e ultima generazione commercializzata da dsm-firmenich, è intervenuto Kostas Stamatopoulos, Manager Enzimi Global, che ha spiegato le caratteristiche del nuovo prodotto: esso ha minore granulometria dei precedenti prodotti, che ne favorisce la miscelazione, e una protezione lipidica che ne favorisce il passaggio verso l’intestino. Va utilizzato considerando sempre la quota di fitato indigeribile nel mangime; se sottodosato non agisce correttamente. Viceversa, se aggiunto in eccesso, non svolge un’ulteriore azione sull’assorbimento del P e viene quindi sprecato. Piuttosto che usarne un dosaggio standard, dunque, conviene adattarlo ai vari periodi di formulazione, migliorando le conversioni. Per una corretta utilizzazione del prodotto, dsm-firmenich mette a disposizione dei clienti un apposito algoritmo.

Franco Calini, Vicepresidente WPSA Italia e consulente in nutrizione avicola, ha ricordato come negli ultimi decenni l’uso di fitasi nei mangimi abbia rappresentato la maggiore rivoluzione in termini di risultati zootecnici. Questo dipende dalla carenza di P nell’ambiente, nonostante sia fondamentale per la vita (l’energia organica deriva da molecole a base fosforo, come l’ATP). Le piante lo utilizzano e lo conservano con grande efficienza e gli esseri viventi lo depredano al mondo vegetale. Oggi inoltre, in buona parte dei mangimi prodotti a livello globale, si usa ancora una elevata quota di P minerale, rispetto a quello stimato di origine vegetale (rapporto 100 a 30): ciò significa che vengono formulate diete con eccesso di P, grande spreco di risorse e pericolo di contaminazione dell’ambiente, poiché è causa dell’eutrofizzazione delle acque. Per questo motivo le fitasi sono utili, non solo all’industria, ma anche all’ambiente, perché evitano sprechi inutili.

Il convegno si è chiuso con l’intervento del dr. José Francisco Pérez Hernández dell’Università di Barcellona, che ha mostrato l’influenza del fitato sulla digeribilità dei nutrienti nei suini e che ha ribadito la necessità di conoscere le quote di Ca e P digeribili nelle formulazioni.



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