Rinnovabili, il docente dell’Università di Cagliari: “Nessuna invasione di pale eoliche, c’è troppa disinformazione”

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di Vito Fiori

“C’è molta disinformazione sul tema della transizione energetica e delle fonti rinnovabili. Così è difficile andare avanti”. A Emilio Ghiani, 52 anni, ingegnere elettrico, docente di impianti di produzione dell’energia elettrica dell’Università di Cagliari, non piace il clima che si è creato in Sardegna sull’argomento. “Resto convinto che si debba sempre raccontare la verità e non mistificare i fatti. Leggo tante baggianate, numeri fuori da ogni logica, una sorta di demonizzazione delle fonti di energia rinnovabile di cui non possiamo fare a meno per il futuro. E io, su una materia che è di mia competenza, non ce la faccio a rimanere in silenzio”.

Emilio Ghiani

Il Governo ha impugnato la legge sulle aree idonee, qual è la sua opinione?

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“Era previsto, d’altronde era impensabile rendere l’intera Sardegna non idonea a ospitare i progetti di impianti per le rinnovabili. Non era questo lo spirito con cui affrontare il tema”.

Molti parlano di invasione di pale eoliche e pannelli fotovoltaici sul territorio isolano, è proprio così?

“No, in questo momento non esiste alcuna invasione. Ma se si utilizzano le richieste presentate da diverse società, anche straniere, e si sommano i megawatt previsti nelle centinaia di progetti, è ovvio che ciò appaia come un’invasione. È vero, invece, che sarà autorizzata solo una minima parte di questi progetti, forse il 5 o il 10 per cento”.

Tyrrhenian link, che cosa è esattamente?

“La sua funzione è quella di collegare la Sardegna al continente, e fornire una riserva di energia importante rispetto al Sapei, il cavo che collega la centrale di Fiumesanto a Latina. Considerando che le centrali a carbone devono essere spente il gestore della rete di trasmissione nazionale deve mettersi nella condizione di avere un’alternativa dal punto di vista dell’affidabilità e della sicurezza della rete, altrimenti si rischia che tutta la Sardegna vada in black-out, e l’energia elettrica non potremmo neanche consumarla oltre che non produrla. Senza il Tyrrhenian link quindi non si potranno spegnere le centrali a carbone, oggi fondamentali per garantire la sicurezza del sistema elettrico. Sicurezza significa semplicemente che se c’è richiesta di energia questa deve essere disponibile. Questo è scritto nei documenti ufficiali, nei piani di sviluppo del sistema elettrico e nei vari rapporti di Terna. E non rispondono al vero i numeri allarmistici sulla “dispersione” di energia lungo il percorso dei cavi tra Sicilia e Sardegna, parliamo di perdite di rete che sono quelle fisiologiche dell’ordine del 6, 7 per cento”.

Perché scegliere Terra Mala e non Macchiareddu o Sarroch?

“Non conosco le motivazioni della scelta, non è mio compito confutarla. Ci saranno delle ragioni su cui non voglio entrare in merito”.

Torniamo al tema rinnovabili, quanto noi sardi siamo preparati ad accettarle?

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“Direi poco, c’è troppa disinformazione. La parola chiave è diventata speculazione, ovvero che gli imprenditori che investono nel settore sarebbero degli approfittatori. Si tratta di investimenti, e l’energia è una merce come lo sono i pomodori e i carciofi. Si sente parlare di società che arrivano dall’estero interessate a sfruttare il nostro sole e il nostro vento. Nessuno dice che ai sardi non è impedito di investire nel settore delle rinnovabili”.

Come uscirne?

“Ribadisco, dicendo la verità, che deve essere scevra da posizioni ideologiche o da condizionamenti di altro genere. Personalmente vengo spesso invitato a parlare di comunità energetiche e di impianti agrivoltaici, o della transizione energetica in generale. Ho sempre illustrato la situazione e le modalità da seguire nella transizione, che non può avvenire in modo immediato, ma con tempi e modalità ragionevoli”. 

Con il fronte del no la vedo dura.

“In Sardegna resiste ancora l’idea che non è importante che io faccia una cosa quanto che non la faccia tu, e questo è penalizzante. È necessario cambiare approccio, cercare di coinvolgere maggiormente i cittadini soprattutto quando si parla di aree idonee. Anche la Regione avrebbe dovuto assumersi la responsabilità di individuare le aree idonee senza farsi condizionare dai promotori della proposta di legge popolare. La politica, però, segue i sondaggi e la ricerca del consenso non la logica e il buon senso”. 





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