La lotta contro il silenzio sui tagli all’università e più precariato

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Le assemblee dei ricercatori precari dell’università stanno lottando contro la strategia del silenzio del governo Meloni. Quest’ultimo ha stabilito che, a partire da quest’anno, saranno tagliati altri 200 milioni di euro agli atenei (700 milioni nei prossimi tre). Nel frattempo la maggioranza sta rinviando l’iter di approvazione della “riforma Bernini” (dal nome della ministra dell’università) che compenserà il taglio strutturale delle risorse economiche con nuovi contratti iperprecarizzati a basso costo. Il Ddl è nella settimana commissione del Senato, ufficialmente per verificare pareri e sciogliere eventuali contraddizioni con il piano nazionale di ripresa e resilienza e le politiche europee.

A pochi passi dal Senato una rappresentanza dei dottorandi, degli assegnisti e degli studenti dei tre atenei romani ieri ha organizzato una protesta a Sant’Ivo alla Sapienza di Roma, il palazzo dove già nel 1968 si svolse la protesta degli “Uccelli”. Allora tre studenti occuparono il campanile del Borromini, un atto simbolico che anticipò il movimento. “Quello in corso è il più grande attacco frontale all’università pubblica dai tempi della riforma Gelmini (2008-2011, ndr.) – hanno sostenuto i ricercatori precari – Non si tratta del frutto inevitabile di un ammanco di coperture finanziarie, ma di una deliberata visione del Paese e dell’università da parte del Governo Meloni che sottrae risorse ai servizi essenziali in favore del comparto difesa e sicurezza. La Legge di Bilancio 2025 ha aumentato le spese militari del 12%”.

La protesta romana si inserisce nella settimana di agitazione organizzata dagli “Stati di agitazione dell’università”, la rete che si è formata nelle scorse settimane per denunciare i tagli e la riforma Bernini. La prossima settimana a Bologna si terrà un’assemblea nazionale del movimento a Bologna (8 e 9 febbraio). In questa prospettiva negli ultimi giorni sono stati organizzati presidi, assemblee e flash mob in diversi atenei da Nord a Sud. Per esempio, il 28 gennaio, il Coordinamento dei Precari Universitari ha organizzato una partecipata assemblea aperta. Davanti al rettorato a palazzo Steri a Palermo è intervenuto un altro coordinamento dei ricercatori precari. Una mozione contro i tagli e il precariato è stata approvata dal Senato accademico: “I ricercatori sono già parte essenziale della didattica e della ricerca dell’ateneo palermitano e in mancanza di risorse molti saranno costretti all’emigrazione. Il Pnrr rischia di rappresentare un nuovo buco nell’acqua, risolvendosi nello spostamento di risorse umane qualificate dal Sud al Nord Italia”.

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“Contro tagli, guerra, precarietà, riprendiamoci l’università” si è letto sullo striscione esposto nel cortile di Sant’Ivo alla Sapienza a Roma.”Molti di noi – hanno detto i ricercatori precari– stanno per perdere il lavoro, già nei prossimi mesi. Chiediamo il ritiro immediato del Ddl Bernini, il rifinanziamento al Ffo che è già stato tagliato nel 2024 e ha messo in difficoltà molti atenei, un piano di assunzioni straordinario: il 40% della didattica oggi all’università è svolto dai precari. Gli stessi che saranno colpiti dai tagli e dalla riforma. Serve una revisione strutturale dei percorsi che portano alla ricerca e all’insegnamento con tempi lineari”.

Una delle novità del nuovo ciclo delle mobilitazioni che sta interessando in questi mesi l’università italiana è stata l’organizzazione della “Rete delle società scientifiche”. Ben 122 rappresentanti dei raggruppamenti scientifici – in pratica una buona parte dei professori che lavorano negli atenei – ha protestato contro i tagli e la riforma del precariato. La loro mobilitazione è inedita nella storia dell’università italiana e attesta la gravità taciuta della situazione. Qualche settimana fa questa Rete ha presentato una serie di emendamenti al Ddl Bernini, sostenuti dalle opposizioni. L’idea è disinnescare tutte le nuove figure precarie, a eccezione del Contratto post-doc, annuale ma inquadrato come lavoro dipendente. “Chiediamo ai senatori e al governo di bloccare la riforma del pre-ruolo della ministra Bernini e di dare la parola ai precari” hanno sostenuto i ricercatori durante il blitz a Sant’Ivo alla Sapienza.



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