Alla giornata del mais, analisi tecnico economica di Dario Frisio

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Il punto della situazione sulla maiscoltura è stato fatto a Bergamo nella consueta giornata dedicata al mais organizzato dalla locale sezione del Crea. Spaccato tecnico- economico del comparto diventato ormai un preciso punto di riferimento per i professionisti della maiscoltura.  L’andamento della coltura è stato trattato da Dario Frisio, economista della Facoltà di Agraria dell’Università di Milano.

Le rese di mais nella campagna appena trascorsa hanno mostrato una ulteriore flessione di circa il 7% attestandosi a 99 q/ha con una estrema variabilità e raggiungendo il minimo storico di 495mila ettari su base nazionale, la metà della superficie a mais del 2012. Gli effetti del cambiamento climatico sono stati evidenti, così come quelli legati alla scarsa disponibilità di materiale genetico innovativo, agli aumenti dei costi di produzione con un rendimento marginale piuttosto basso e le dinamiche della Pac che avevano consentito di ottenere buoni risultati a cavallo degli anni duemila per poi comportarne un deciso crollo. Il calo delle superfici è stato compensato da soia e altri cereali.

L’area geografica che ha mostrato la maggiore sofferenza è stato il Friuli dove le rese produttive si sono attestate solo sui 57 q/ha e un po’ in tutto il Nord est, per contro le superfici hanno tenuto nel Nord ovest.

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La produzione complessiva di mais da granella, dopo la risalita a 5,3 milioni di tonnellate nel 2023, è scesa a quota 4,9 milioni di tons (-8%), pari ad un tasso di autoapprovvigionamento del solo 44%. Tasso solo leggermente superiore al 41% della campagna precedente; ma le previsioni indicano una ulteriore riduzione nella prossima stagione in cui dovrebbe scendere di nuovo al 41%: il livello più basso degli ultimi 65 anni. Dato particolarmente preoccupante perché, se confermato, nella campagna 2024/25 l’import netto potrebbe raggiungere il livello record di 7 milioni di tons, corrispondenti a circa 1,5 miliardi di euro sulla base di un prezzo stimato di 22 euro/q.

Infine, secondo l’indagine preliminare Istat sulle intenzioni di semina, le prospettive per il 2025 sono improntate verso una relativa stabilità delle superfici a livello nazionale, con una discreta ripresa nel Nord Est, dove è atteso un incremento del 9%, dopo anni di calo, cui si contrappone una considerevole riduzione nel Nord Ovest, meno 13%, dove si attende una forte crescita delle foraggere temporanee.

Per quanto riguarda la concentrazione produttiva e la struttura aziendale, di fatto oggi, la produzione maidicola nazionale viene fatta soltanto da circa 20mila aziende a livello professionale.

Nel 2024 il prezzo medio europeo della granella di mais è stato di 19,1 euro al quintale con una resa media di 77 q/ha. In termini di rese, il primo produttore europeo è stata la Spagna con 117 q/ha; da notare la grande crescita della Polonia che negli ultimi cinque anni ha avuto un costante incremento. Forte incremento che ha fatto registrare anche la Turchia. Per contro l’Italia che è stata a lungo uno dei principali produttori europei non è più sul podio dei principali produttori. In Francia quest’anno la produzione ha avuto un incremento di 600mila ettari ma in complesso ne ha persi 930mila nel corso degli ultimi anni. Insomma, la produzione europea di mais si sta spostando verso est.

Tra i principali produttori europei da cui importiamo svetta l’Ucraina, da cui però quest’anno l’Europa ha importato 6 milioni di tons in meno a causa della concorrenza con la Cina; poi c’è il fenomeno Slovenia, da cui importiamo 1,3 milioni di tonnellate ma che sono il frutto di triangolazioni con altri paesi, su tutti la Serbia. Altre grandi fonti di import l’area danubiana e per quanto riguarda la provenienza extra Ue il Brasile.

Volendo trarre un bilancio per la maiscoltura europea per il terzo anno su cinque il bilancio import/export è stato negativo.

Per quanto riguarda il nostro paese l’import maidicolo ha comportato un esborso di 3,7 miliardi di euro pari al 112% del valore in export delle nostre Dop ma anche al 48% del valore della produzione agricola.  Il che significa, secondo Frisio, che: “Con il valore dell’import di mais ci stiamo mangiando il valore della nostra produzione tipica. Potremmo produrre molto di più in superfici nazionali che rimangono disponibili”.

Per il futuro le variabili da tenere d’occhio sono: il clima, l’America latina, i tassi di cambio, l’impiego delle Tea, se arriveranno, e lo sviluppo dell’agricoltura di precisione e conservativa.

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