Tra ironia e denuncia, al Piccolo di Milano prende vita un mondo di contrasti sociali e visivi
Una riflessione surreale e travolgente su povertà e disuguaglianze sociali. “Zorro” di Antonio Latella, in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano fino al 16 febbraio, rielabora il mito del cavaliere mascherato, mettendo in scena un mondo di forti contrasti sociali e visivi. Con la collaborazione di Federico Bellini e la scenografia di Annelisa Zaccheria, Latella esplora, con ironia e satira, la condizione degli emarginati, criticando il capitalismo. La performance si sviluppa attraverso un flusso continuo di riflessioni, battute, musiche e danze esilaranti, offrendo un’interpretazione critica e, al contempo, divertente della realtà contemporanea.
La scenografia di Zaccheria trasforma il palco in un mondo vivace e contrastato, con luci stroboscopiche e colori sgargianti. Il light design curato da Simone De Angelis enfatizza la tensione tra il comico e il drammatico, mentre la colonna sonora di Franco Visioli, con sonorità rock, beat e pop, accompagna l’energia violenta che Latella intende trasmettere. L’allestimento richiama l’iconografia di una sagra popolare, con costumi ispirati al periodo di Elvis Presley a Las Vegas, creando un contrasto ironico tra intrattenimento e critica sociale.
Un elemento centrale della scenografia è la cabina fototessera, simbolo della mercificazione delle identità. Questo accessorio diventa il punto di passaggio tra palco e sala, suggerendo come la lotta per la giustizia sociale si trasformi in un prodotto da consumare. Un cactus, che richiama la California spagnola, rinforza il tema del contrasto tra ricchezza e povertà.
I protagonisti sono figure emblematiche: un povero, un poliziotto, un muto e un cavallo, interpretati da Michele Andrei, Paolo Giovannucci, Stefano Laguni e Isacco Venturini (anche alla chitarra elettrica e al canto). I personaggi sono in continuo movimento, scambiandosi ruoli e identità, a simboleggiare la fluidità dell’identità e l’instabilità delle posizioni sociali. Il continuo cambio di ruoli riflette la dinamica di potere e sottomissione che caratterizza le relazioni tra le classi sociali: il poliziotto può diventare il povero, il muto il più eloquente, e il cavallo un simbolo di libertà ed emarginazione.
Lo spettacolo esplora anche la natura stessa del teatro e dell’identità, mettendo in discussione i ruoli imposti dall’esterno e la percezione che abbiamo degli altri. La teatralità si fa metateatrale, con un gioco di riflessi che sfida la costruzione sociale della realtà e la capacità di comunicare tra chi detiene il potere e chi è oppresso.
Il cuore di “Zorro” sta nella critica sociale, sviluppata attraverso il dialogo tra i personaggi. Il confronto tra il povero e il poliziotto, in un dialogo surreale, riflette le tensioni tra le classi sociali e le difficoltà di comunicazione in una società frammentata. Le interazioni linguistiche mettono in crisi la comprensione reciproca, evidenziando il disallineamento tra chi è al potere e chi è oppresso.
Il simbolo “Z” diventa un elemento ricorrente: un ronzio, un tormentone che culmina nella scena finale, dove si trasforma in una paradossale celebrazione della povertà in tutte le sue accezioni e in tutti i suoi sinonimi. Sebbene il segno richiami il cavaliere mascherato che lotta per i poveri contro i potenti, in “Zorro” perde il suo significato eroico, diventando un simbolo di giustizia inarrivabile. La “Z” rappresenta una speranza che non si concretizza, sottolineando l’impossibilità di una vera rivoluzione senza una trasformazione interiore delle istituzioni.
Il marchio del supereroe, evocato in vari momenti dello spettacolo, da Spider-Man a Batman, diventa metafora della speranza disillusa. Zorro, pur essendo invocato, non si materializza mai, simbolizzando una giustizia che non arriva e un cambiamento che non si compie. Il mix di dramma e commedia, riflessione e assurdo, ricorda il teatro di Brecht e Beckett. Gli attori si esibiscono con grande energia, alternando momenti di intensità emotiva a scene di pura follia teatrale, come in un circo: quanti chilometri percorrono in tre ore di spettacolo, sfrecciando ripetutamente tra palco e platea?
Gli attori sono protagonisti di una performance generosa, in cui ogni interpretazione diventa una “partitura” che esplora le sfumature di una melodia. La lotta contro la povertà e le ingiustizie sociali diventa gioco teatrale, in cui eroismo e risata si intrecciano. Latella coinvolge il pubblico in una riflessione, sfidando le certezze con ogni parola e gesto.
“Zorro” è uno spettacolo che sa essere divertente e inquietante. La scenografia colorata e la commistione di generi teatrali creano un’esperienza che travolge gli stereotipi, mettendo in crisi le certezze borghesi. In una città come Milano, dove anche con un reddito relativamente alto si può essere poveri, lo spettacolo invita il pubblico a confrontarsi con il disagio sociale. È significativo che lo faccia al Piccolo, un teatro che Strehler e Grassi volevano popolare e accessibile a tutti.
“Zorro” è un viaggio teatrale che lascia il segno. Mescolando comicità, critica sociale e speranza disillusa, lo spettacolo conferma la maestria di Latella nel mettere in scena il disagio sociale, senza mai dimenticare la forza e l’ironia del teatro.
Zorro
di Antonio Latella e Federico Bellini
regia Antonio Latella
scene Annelisa Zaccheria
costumi e simboli personaggi Simona D’Amico
suono Franco Visioli
luci Simone De Angelis
movimenti coreografici Alessio Maria Romano
assistente alla regia Paolo Costantini
con Michele Andrei, Paolo Giovannucci, Stefano Laguni, Isacco Venturini
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
Lo spettacolo prevede l’uso di luci stroboscopiche e scene di nudo.
durata: 3 h con intervallo
applausi del pubblico: 5’
Visto a Milano, Piccolo Teatro Grassi, il 23 gennaio 2025
Prima nazionale
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