Università italiane e costi: Milano è la più cara

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L’osservatorio di Federconsumatori, in collaborazione con la Fondazione Isscon, ha presentato il rapporto sui costi degli atenei italiani. Dal rapporto emerge che, tra le università tradizionali, quelle lombarde si confermano le più costose in termini di tassazione.

L’edizione 2025 introduce una novità significativa: il monitoraggio delle spese delle università online, una modalità di studio sempre più diffusa tra gli studenti. L’analisi non tiene conto di sconti per merito o borse di studio, sebbene tali agevolazioni siano presenti nella maggior parte degli atenei.

I costi degli atenei in Italia

Nel dossier, il calcolo delle tasse universitarie si basa principalmente sul reddito familiare dello studente. A titolo esemplificativo, sono state individuate cinque fasce Isee di riferimento: fino a 6mila euro, fino a 10mila euro, fino a 20mila euro, fino a 30mila euro e l’importo massimo.

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Considerando gli importi per la fascia Isee più alta, l’Università di Milano risulta la più costosa, con una media di 3.808,56 euro: 3.360,00 euro per le facoltà umanistiche e 4.257,12 euro per i corsi dell’area scientifica. Al secondo posto si trova l’Università di Pavia, con una tassazione di 3.343,00 euro per le facoltà umanistiche e 4.141,00 euro per quelle scientifiche. Chiude il podio l’Università del Salento, dove l’importo è di 3mila euro per entrambi gli indirizzi di studio.

In media, le università del Nord Italia risultano più costose rispetto a quelle del resto del Paese: per la fascia Isee più alta, le tasse superano del 28% la media degli atenei del Sud e di quasi il 15% quella delle università del Centro.

Quanto costano le università telematiche

La novità di quest’anno è l’inclusione nel report del monitoraggio dei costi delle università telematiche, basato sui dati dell’Osservatorio sulle Università Telematiche di AteneiOnline. L’analisi rivela che, in assenza di convenzioni, agevolazioni o sconti, le rette per i corsi di laurea online, sia triennali che magistrali, variano tra i 2mila e i 4.290 euro annui, a seconda del percorso di studi scelto. A questi importi si aggiungono spese accessorie, come le tasse di segreteria e la tassa regionale per il diritto allo studio.

Diversamente dalle università tradizionali, dove le rette possono essere modulabili in base all’Isee, nelle università telematiche i costi restano fissi ed è quindi più facile analizzare i prezzi delle rette. Di seguito, ecco i costi rilevati dall’Osservatorio Federconsumatori:

Università telematica Triennale 2024-2025 Magistrale 2024-2025
PEGASO € 3.600,00 € 3.600,00
ECAMPUS € 4.290,00 € 4.290,00
UNICUSANO € 3.434,00 € 3.434,00
UNINETTUNO € 2.000,00 € 2.200,00
SAN RAFFAELE € 2.840,00 € 2.840,00
UNIMARCONI € 2.250,00 € 2.250,00
MEDIA € 3.069,00 € 3.102,33

Gli ‘aiuti’ per iscriversi all’Università

Numerosi atenei prevedono agevolazioni economiche per diverse categorie, tra cui giovani, donne in gravidanza, membri delle Forze Armate, iscritti a sindacati e associazioni di categoria, oltre ai dipendenti della Pubblica Amministrazione.

“Un forte abbattimento dei costi nelle università pubbliche tradizionali è possibile in virtù della c.d “no tax area” introdotta dalla Legge di Bilancio del 2017 e successivamente modificata e aggiornata. Questa – spiega Federconsumatori – consente rilevanti agevolazioni destinate agli studenti a basso reddito, che presentano un Isee inferiore a 22mila euro, a iniziare dall’esonero quasi totale dalle tasse universitarie, mentre per i nuclei familiari con Isee compreso tra 22mila e 30mila euro è prevista una riduzione delle tasse. È da rilevare che in molti atenei il livello di reddito Isee interessato dalla no tax area è superiore anche del anche del 30%, agevolando così ulteriormente gli studenti e incentivandoli a iscriversi”.

L’Italia non è un Paese per laureati

Ma nonostante questi aiuti, l’Italia resta indietro per numero di laureati. Nel 2023, la percentuale di giovani laureati tra i 25 e i 34 anni in Italia ha raggiunto il 30,6%, segnando un incremento rispetto al 29,2% del 2022, ma rimanendo ancora distante dalla media europea, che si attesta al 43,1% e continua a crescere annualmente. Questo divario si riflette anche sul piano occupazionale: in Italia, la differenza tra il tasso di occupazione di chi possiede un titolo di istruzione terziaria e chi si ferma al diploma è di 11 punti percentuali.

Tali elementi, prosegue Federconsumatori, rendono evidente quanto sia prioritario “garantire l’accesso agli studi universitari a tutti, abbattendo non solo i costi delle rette, ma anche tutto il complesso di spese e oneri che gravano sulle famiglie che hanno un figlio all’università, specialmente se fuori sede”.

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