Salva Casa: ultime novità su titoli abilitativi e costi per i cambi di destinazione d’uso | Articoli

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Per i cambi di destinazione d’uso, anche tra categorie non omogenee con opere edilizie, le condizioni (e quindi i titoli abilitativi necessari) devono essere specificamente individuate dai Comuni, tenuto conto anche di quanto già previsto negli strumenti urbanistici comunali, mediante apposite determinazioni adottate dopo l’entrata in vigore del Decreto Salva Casa

Non è, forse, il chiarimento che ci si aspettava visto che la legge aveva semplificato notevolmente le regole, ma adesso sappiamo che, in materia di cambi di destinazione d’uso, la ‘palla’ passa completamente ai comuni, che dovranno quindi definire delle regole precise per tutti i tipi di mutamento d’uso esistenti.

Le anticipazioni sulle nuove linee guida al Decreto Salva Casa pubblicate dal MIT, infatti, si soffermano anche su questo, scottante argomento, stravolto – e non poco – dal DL 69/2024, che è andato a modificare l’articolo 23-ter del Testo Unico Edilizia.

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Cambi di destinazione d’uso: le modifiche del Salva Casa

Il MIT evidenzia come prima dell’avvento del Salva Casa, “chiunque avesse voluto usare, per qualsiasi ragione, il proprio immobile per scopi diversi da quelli fino ad allora prescelti, per esempio passando da una destinazione residenziale a una turistico-ricettiva, avrebbe dovuto fronteggiare” svariate difficoltà, dovendosi orientare “nei meandri di una disciplina urbanistico-edilizia stratificatasi nel tempo, attenzionando con la dovuta cautela le condizioni, le limitazioni e i divieti di volta in volta eventualmente previsti dalle normative regionali e dagli strumenti di pianificazione urbanistica comunale“.

Il Salva Casa, quindi, ha semplificato le verifiche, introducendo disposizioni di principio volte a ritenere sempre ammissibile il mutamento di destinazione d’uso tra le categorie funzionali più affini, anche se non omogenee (residenziale, turistico-ricettiva, produttiva-direzionale e commerciale), ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni.

Tradotto: anche i mutamenti d’uso rilevanti, a certe condizioni, si possono effettuare con la SCIA.

Infatti, in virtù delle modifiche apportate dal DL 69/2024 al Testo Unico Edilizia (art.23-ter), oggi:

  • è sempre consentito il cambio di destinazione d’uso di una singola unità immobiliare all’interno della stessa categoria funzionale, anche con opere edilizie, nel rispetto di eventuali condizioni stabilite dagli strumenti urbanistici comunali;
  • è sempre consentito il cambio d’uso tra categorie funzionali diverse (residenziale, turistico-ricettiva, produttiva-direzionale e commerciale, ad esclusione di quelle rurali) per unità immobiliari situate in immobili localizzati nelle zone a), B) e C) previste dall’art.2 del DM 1444/1968, anche se comportano opere edilizie;
  • il mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionali differenti è sempre possibile, con la possibilità per i comuni di imporre condizioni specifiche tramite gli strumenti urbanistici, comprese quelle che adeguino l’uso dell’unità immobiliare alla destinazione prevalente delle altre unità presenti nello stesso immobile.

 

Cambi d’uso con la SCIA? Per il Salva Casa sì, ma…

Quindi, rifacendoci al comma 1-quinquies dell’art.23-ter:

  • i cambi d’uso senza opere all’interno della stessa categoria funzionale sono assentibili tramite SCIA;
  • i restanti cambi di destinazione d’uso (quindi con opere nella stessa categoria funzionale e senza e con opere tra diverse categorie funzionali) sono realizzabili col titolo richiesto per l’esecuzione delle opere o con la SCIA se non ci sono opere edilizie o se le opere sono assentibili con CILA (esempio redistribuzione degli spazi interni).

Infatti, il comma 1-quinquies dell’art.23-ter dispone che i cambi d’uso siano assogettati:

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  • a) nelle ipotesi di cui comma 1, primo periodo, alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) di cui all’art. 19 della L. 241/1990;
  • b) nei restanti casi, al titolo richiesto per l’esecuzione delle opere necessarie al mutamento di destinazione d’uso, fermo restando che, per i mutamenti accompagnati dalla esecuzione di opere riconducibili all’articolo 6-bis (ossia gli interventi subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata-CILA), si procede ai sensi della lettera a), quindi tramite SCIA.

Questo è quello che ‘dice’ la legge, ma il MIT – con le linee guida – di fatto affida ai comuni l’onere di stabilire le regole.

 

Cambio destinazione d’uso: è il comune a dover decidere le condizioni

Nelle anticipazioni alle FAQ, infatti, si legge che “le condizioni devono essere specificamente individuate dai Comuni, tenuto conto anche di quanto già previsto negli strumenti urbanistici comunali, mediante apposite determinazioni adottate dopo l’entrata in vigore del DL Salva Casa“.

‘’obiettivo – chiude il MIT – è “evitare qualsiasi margine di ambiguità in merito alle condizioni richieste dai Comuni per i mutamenti di destinazione d’uso, evitando che tali condizioni possano essere derivate implicitamente da strumenti urbanistici approvati prima del DL Salva Casa, come tali non coerenti con la semplificazione operata dalla riforma“.

In definitiva: i comuni devono specificare le condizioni (e, di conseguenza, quali titoli abiltativi siano necessari) per i cambi di destinazione d’uso con delle ‘determinazioni’ successive al Salva Casa.

 

Gli oneri urbanistici

Il MIT ricorda in primis che il Salva Casa ha escluso l’obbligo di reperire aree da cedere al Comune per la realizzazione di servizi di interesse generale o di parcheggi, confermando invece l’obbligo di corrispondere, se previsto, il contributo per gli oneri di urbanizzazione secondaria.

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Ma per chiarire ancor meglio cosa spetti o non spetti pagare al cittadino in caso di cambio di destinazione d’uso, le linee guida chiariscono che:

  • non è dovuto il contributo per gli oneri di urbanizzazione primaria;
  • l’esonero dal reperimento delle aree e dal pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria opera anche in presenza di disposizioni comunali contrarie.



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