Con l’approvazione della Manovra 2025, è stato introdotto il Nuovo Cuneo Fiscale. Il controverso Bonus Meloni, introdotto a maggio 2023, è stato eliminato e sostituito da una nuova formula per il taglio del Cuneo Fiscale. Questa misura è stata pensata per garantire una maggiore equità nel trattamento dei lavoratori, ma non mancano le polemiche. Il passaggio dal calcolo basato sull’imponibile previdenziale a quello sull’imponibile fiscale provoca effetti controversi, che andremo a spiegare e, in molti casi, l’obiettivo della garanzia non è stato raggiunto.
Nuovo Cuneo Fiscale: gli effetti sui redditi più bassi
La manovra 2025 prevede una suddivisione in cinque fasce di beneficio fiscale, ognuna delle quali applica aliquote o detrazioni differenti:
- Aliquota del 7,1% per redditi fino a 8.500 euro annui.
Questa fascia garantisce il massimo beneficio fiscale per i redditi più bassi, offrendo un supporto consistente a chi ha stipendi minimi. - Aliquota del 5,3% per redditi compresi tra 8.501 e 15.000 euro annui.
In questa fascia, il beneficio fiscale diminuisce leggermente, mantenendo comunque un impatto significativo per i lavoratori a basso reddito. - Aliquota del 4,8% per redditi compresi tra 15.001 e 20.000 euro annui.
Il taglio del cuneo fiscale si riduce ulteriormente, riflettendo un progressivo calo del beneficio man mano che il reddito aumenta. - Detrazione fissa di 1.000 euro annui per redditi tra 20.001 e 32.000 euro.
Questa fascia introduce una detrazione d’imposta fissa, che rappresenta un cambiamento significativo rispetto al precedente sistema. - Detrazione decrescente per redditi tra 32.001 e 40.000 euro.
La detrazione, inizialmente pari a 100 euro, si riduce progressivamente fino ad azzerarsi per i redditi superiori a 40.000 euro.
Dalla tabella possiamo vedere come il nuovo Cuneo Fiscale peggiori la situazione precedente per coloro che hanno un imponibile previdenziale inferiore a 35.000, tuttavia, a sorridere sono i dipendenti con un imponibile previdenziale tra i 35.001 e 45.000 euro di imponibile previdenziale che hanno un guadagno fino a 1.000 euro annui.
Nuovo Cuneo Fiscale: gli effetti sugli Stipendi dei Dipendenti pubblici
Un elemento di criticità emerso con l’introduzione della nuova legge è rappresentato dalle differenze tra lavoratori pubblici e privati.
Per i dipendenti pubblici, l’imponibile fiscale è generalmente inferiore rispetto a quello dei lavoratori privati, a causa di aliquote previdenziali più elevate. Oltre alle trattenute per il fondo pensione, i dipendenti pubblici pagano un’imposta del 2% sul TFR e la quota di fondo credito che portano le ritenute previdenziali all’11,15% contro il 9,19% per il privato.
Cosa significa questo in pratica? A parità di imponibile previdenziale, i dipendenti pubblici beneficiano di una base imponibile fiscale più bassa, e quindi possono risultare penalizzati in termini di beneficio netto in quanto solo a partire dai 32.000 euro infatti cominciano i guadagni a favore dei dipendenti.
Impatto sugli Stipendi e criticità della riforma
La riforma del cuneo fiscale presenta sia aspetti positivi che criticità. Tra i vantaggi principali, si evidenzia una maggiore stabilità degli stipendi mensili, che non subiranno più variazioni dovute ai limiti dell’imponibile previdenziale. Inoltre, la neutralità fiscale della misura rappresenta un elemento favorevole, poiché i benefici non sono soggetti a sospensioni o influenze da parte di altri fattori economici.
Tuttavia, emergono alcune problematiche significative. In particolare, molti lavoratori appartenenti alle fasce di reddito medio-basse percepiscono un netto mensile inferiore rispetto a quanto garantito dal precedente Bonus Meloni. Questo ha generato un diffuso malcontento, alimentato dalla discrepanza tra la narrazione positiva promossa dai media e la realtà di stipendi netti effettivamente più bassi.
Un ulteriore elemento di dibattito riguarda l’effettiva equità della misura. Nonostante l’obiettivo dichiarato sia quello di distribuire i benefici in modo più uniforme, alcune categorie di lavoratori si sentono penalizzate dalla nuova struttura. I redditi medi, ad esempio, sono tra i più colpiti, con vantaggi che diventano significativi solo oltre la soglia dei 32.000 euro annui.
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