Cresce il gap territoriale, il reddito al Sud è la metà di quello del Nord

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L’Italia a due velocità ha redditi e tenori di vita sempre più distanti. A dirlo l’Istat nel suo Report sui conti economici territoriali relativo al 2023. Nelle regioni del Sud il reddito disponibile delle famiglie per abitante è poco più della metà di quello di chi vive nelle regioni più ricche.

La forbice di reddito tra Nord e Sud sale a 18 mila euro. Con 44,7mila euro nel 2023 (41,8mila euro nel 2022), il Nord-Ovest resta la ripartizione con il Pil per abitante più elevato misurato in termini nominali. Seguono il Nord-Est, con 42,5mila euro (39,9mila nel 2022) e il Centro, con 38,6mila euro (36,6mila nel 2022). Il Mezzogiorno si conferma ultimo, con 23,9mila euro (22,3mila nel 2022). Di fatto si amplia ulteriormente il divario con il Centro-Nord. La differenza del Pil per abitante nel 2023 sale a 18,3mila euro, dai 17,4mila euro del 2022 (era 16,2mila euro nel 2021).

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Lombardia la regione più ricca, Calabria la più povera. La graduatoria regionale vede in prima posizione la Provincia autonoma di Bolzano, con un Pil per abitante di 59,8mila euro, seguita da Lombardia (49,1mila euro), Provincia autonoma di Trento (46,4mila euro) e Valle d’Aosta (46,3mila euro). Il Lazio si conferma la prima regione del Centro, con un Pil per abitante pari a 41,8mila euro, seguita dalla Toscana (37,7mila). Nel 2023 l’Abruzzo è la regione del Mezzogiorno con un Pil per abitante più alto (31mila euro), seguita da Basilicata (27,5mila), Molise (26,7mila) e Sardegna (26,3mila). La Calabria resta stabilmente all’ultimo posto della graduatoria, con 21mila euro, preceduta dalla Sicilia, con un valore del Pil per abitante di 22,9mila euro. In pratica nella provincia di Bolzano si registra un Pil procapite che è quasi tre volte quello della Calabria.

Nell’anno però il Pil in volume è aumentato dell’1,5% nel Mezzogiorno, dello 0,7% nel Nord-ovest, dello 0,4% nel Nord-est e dello 0,3% nel Centro (+0,7% a livello nazionale).

L’inflazione corre più del reddito. Nel 2023 le famiglie italiane hanno registrato un aumento del reddito disponibile, pari al 4,9% (con il Nord Ovest cresciuto del 5,7%, il Nord Est del 5,1%, il Centro del 3,9% e il Sud del 4,7%) ma inferiore all’inflazione che è stata del 5,7%La spesa per consumi finali delle famiglie per abitante, valutata a prezzi correnti, è stata pari a 21,2mila euro. I valori più elevati si sono registrati nel Nord-Ovest (24,2mila euro) e nel Nord-Est (23,8mila euro); segue il Centro, con 22,2mila euro, mentre il Mezzogiorno si conferma l’area con il livello di spesa più basso (16,7mila euro).

L’economia non osservata rappresenta il 16,5% del Pil del Mezzogiorno. La graduatoria si inverte quando si parla di economia non osservata. Nel 2022, ultimo anno per cui sono disponibili le informazioni, l’economia non osservata (definita dalla somma della componente sommersa e di quella illegale) ha rappresentato in Italia l’11,2% del valore aggiunto complessivo. L’incidenza sul Pil, in lieve aumento rispetto al 2021, è stata pari al 10,1%. L’economia non osservata ha un peso molto alto nel Mezzogiorno, dove rappresenta il 16,5% del valore aggiunto, e a seguire nel Centro (11,6%). Sensibilmente più contenuta, e inferiore alla media nazionale, è l’incidenza nel Nord-Est (9,3%) e nel Nord-Ovest (8,8%). A livello regionale il livello è massimo in Calabria, pari al 19,1% del valore aggiunto complessivo, e minimo nella Provincia autonoma di Bolzano (7,7%).

L’allarme dell’Ance: 10 milioni di famiglia non possono comprare casa. Intanto un nuovo allarme sul caro-casa arriva dall’Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni 2025 dell’Ance. Nelle grandi città è impossibile comprare casa per 10 milioni di famiglie con un reddito fino a 24 mila euro: Milano, Roma e Napoli come le città meno accessibili. L’ufficio studi dell’associazione indica che per pagare il mutuo si arriva a spendere la metà del proprio reddito, per il 20% delle famiglie meno abbiente anche oltre i due terzi. Anche l’affitto nelle grandi città è fuori portata per le famiglie più fragili. Per pagarlo si arriva a spendere quasi la metà del proprio reddito e per i meno abbienti anche oltre. Dopo un 2024 negativo (-5,3%) l’Ance stima un 2025 ancora peggiore con una calo del 7% malgrado il +16% delle opere pubbliche per effetto del Pnrr. “Il ciclo espansivo post pandemia è giunto al termine”, ha osservato la presidente Federica Brancaccio.





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