Santa Cesarea, le terme ridotte a rudere e il bando per il rilancio va deserto. Nicolì, Confindustria Lecce: «Offerta da rivedere»

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di
Antonio Della Rocca

«Il bando risulta poco appetibile poiché gli oneri richiesti rappresentano un deterrente per qualsiasi investitore»

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Le speranze di rilancio delle terme di Santa Cesarea, sono di nuovo naufragate, dopo che è andato deserto il bando per affidarne la gestione ai privati, a quanto pare scoraggiati dai pesanti oneri previsti a loro carico nell’avviso pubblico predisposto dal Comune.

Dottor Valentino Nicolì, lei è presidente di Confindustria Lecce. Cosa ne pensa?
«Il bando risulta poco appetibile, poiché gli oneri richiesti rappresentano un deterrente per qualsiasi investitore. Affinché le Terme tornino ad essere un volano di sviluppo è necessario ripensare profondamente i termini dell’offerta, rendendola più sostenibile e in linea con le esigenze del mercato. Siamo per la privatizzazione, ma gli investitori devono avere la possibilità di operare con la propria visione imprenditoriale e di governance». 




















































Dieci milioni di euro per acquisire il 50,48 per cento delle quote della Regione Puglia, 1,2 milioni di fitto annuale per il primo quinquennio; poi 800mila euro per i successivi 55 anni; 60 milioni di euro per ristrutturare l’ormai degradato centro termale sono pretese compatibili con il dichiarato intento di rilanciare le terme?
«Le cifre richieste sono sproporzionate rispetto alle condizioni delle Terme. Per il rilancio occorre un approccio pragmatico, cioè abbattere gli oneri iniziali, prevedere incentivi per gli investitori e, soprattutto, dare la possibilità agli imprenditori di costruire un progetto di valorizzazione industriale moderno e tarato sulle attuali condizioni del mercato. Una strategia sostenibile dovrebbe guardare al lungo periodo, riducendo l’impatto finanziario iniziale e creando un sistema di benefici sia per il territorio sia per gli investitori».

A decenni di distanza dalla costruzione del nuovo centro termale e dopo i ripetuti proclami andati a vuoto per valorizzare le terme, oggi siamo ancora all’anno zero. Com’è possibile?
«La gestione pubblica, pur mossa da buone intenzioni, è spesso limitata da vincoli burocratici e dalle difficoltà di adattarsi alle dinamiche del mercato. Inoltre, il coinvolgimento del settore privato è stato finora marginale. Per superare questo vulnus, è necessario che Regione e Comune lavorino insieme per creare un ecosistema proattivo per gli investitori».

Se non è uno scandaloso spreco di risorse pubbliche, come si può definire un’opera come il nuovo centro termale finanziata con 49 miliardi delle vecchie lire, ma rimasta inutilizzata e per giunta distrutta dai vandali?
«È innegabile che abbiamo perso occasioni e tempo, tuttavia questo patrimonio può e deve essere recuperato, diventando simbolo di rinascita e buon governo. Ciò richiede un impegno concreto e immediato da parte delle istituzioni per attrarre capitali privati e trasformare una spirale negativa in opportunità».

La politica che continua a interrogarsi sul futuro delle terme e sulle prospettive economiche di Santa Cesarea, com’è avvenuto ancora una volta ieri in un’assemblea pubblica in un albergo del paese, può essere ancora considerata credibile?
«La credibilità della politica si misura con i risultati, non con le parole. La politica deve continuare a interrogarsi per dare risposte concrete e per rendere il territorio forte e competitivo dal punto di vista economico e sociale. Questo significa semplificare le procedure, abbattere gli ostacoli burocratici e creare un ambiente favorevole allo sviluppo dell’impresa. Questo vale per l’intero territorio e non solo per Santa Cesarea e le sue terme. Questo patrimonio, azionando le giuste leve, potrà diventare un esempio positivo di sinergia tra pubblico e privato, con benefici per l’intera comunità».


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26 gennaio 2025 ( modifica il 26 gennaio 2025 | 13:34)

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