Le “centinaia di scarichi di droga” e le “pressioni” della Scu: parla il collaboratore

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BRINDISI – “Sono diventato collaboratore di giustizia perché volevo cambiare vita. E perché so che se andavo in carcere questi signori mi ammazzavano”. Comincia con un’affermazione tranciante la deposizione di Pierluigi Chionna. Nato a Francavilla Fontana 46 anni fa, ma di fatto “operativo” a Oria per molti anni, ieri ha risposto alle domande della pm Giovanna Cannarile (Dda di Lecce). È stato ascoltato nell’ambito di uno dei procedimenti scaturiti dall’operazione “Tackle”, quando i finanzieri entrarono “a gamba tesa”, sradicando un fiorente traffico di droga con epicentro proprio la Città Federiciana. A suggello delle indagini dei militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Brindisi, il 22 gennaio 2022 vennero eseguite 23 ordinanze di custodia cautelare. 

Storia del procedimento e imputati

La storia giudiziaria non è lineare. Alcuni imputati sono stati giudicati con rito abbreviato (qui la notizia della sentenza d’appello), mentre lo storico volto della Sacra Corona Giovanni Donatiello è stato giudicato in un procedimento a parte, sempre con rito abbreviato, che si è concluso con la riduzione della condanna a quattro anni in appello, per un tentativo estorsivo ai danni proprio di Pierluigi Chionna. La condanna è divenuta intanto irrevocabile. Poi, nel procedimento di cui si sta parlando, è “ricomparso” tra gli imputati Fabrizio Russo (48enne oritano, ma nato a Monopoli), dopo che la sua latitanza è terminata nel dicembre 2023. Gli altri cinque imputati sono Adrian Boci (35 anni, albanese), Salvatore Chionna (47 anni, di Francavilla Fontana), Roberto Mazzuti (49 anni, di Oria), Kujtim Metaj (60 anni, albanese) e Romeo Myftari (43 anni, albanese). 

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

Cocaina ed eroina dall’estero

Tornando all’udienza, la presidente del collegio giudicante, Stefania De Angelis (a latere: giudici Simone Orazio e Simone Falerno) ha dato la parola a Pierluigi Chionna, che ha risposto alle domande della pm Cannarile ricostruendo “centinaia e centinaia di scarichi di droga”. Nell’impianto accusatorio, infatti, Oria è epicentro del narcotraffico non solo brindisino (qui un articolo dedicato), mentre lo stupefacente arrivava “dall’Albania tramite pullman. Qualche volta anche dal Nord, dall’Olanda, dalla Spagna, ma la maggior parte delle volte dall’Albania. Sono andato anche lì”, ha riferito il collaboratore. Cocaina ed eroina. E proprio la droga è al centro di un tentativo estorsivo subito da Chionna. “Dottoressa, le spiego”, l’intercalare prima di ogni risposta. Ha parlato di come tramite Mazzuti ha conosciuto Fabrizio Russo, ritenuto capozona della Scu a Oria. Di come lo avesse aiutato – ha detto lui – economicamente. E di come si sentisse suo amico, poi tradito.

L’amicizia e la rottura con “Pizzichicchio”

È questa la versione di Chionna: prima gli affari con Russo (“Pizzichicchio”), poi il cambiamento. “Pensavo che era amico, ma amico non era”. La pm Cannarile, dopo aver invitato il teste ad attenersi esclusivamente ai fatti, ha proseguito con le domande, puntando sul tentativo estorsivo subito da Chionna. Alla base, dice il teste, un debito maturato da Russo nei suoi confronti e il successivo diniego nel proseguire gli affari (a ogni cessione “mancava una cosa di soldi, fino ad arrivare a 23-24 mila euro”). Russo non l’avrebbe presa bene. Non solo: “Mi disse che si era incontrato con Donatiello. Se non avessi pagato 100 mila euro mi avrebbero sequestrato il figlio”. Chionna ha proseguito raccontando di aver chiesto lumi a un affiliato torrese della Scu, di cui fa il nome. “Se non sei affiliato, non puoi trafficare droga”.

Il collegio difensivo-9

“Combinato” con il benestare di uno ‘ndranghetista

Poi altri tentativi estorsivi che sarebbero stati messi in atto da Russo, con Donatiello – che Pierluigi Chionna non ha mai visto di persona – sullo sfondo. Russo – nelle parole di Chionna – gli avrebbe riferito che “non stava più sotto Campana” (dettaglio che, detto così, però non collima con altre inchieste sulla Sacra Corona di oggi, che parlano di una diarchia Campana-Donatiello, dunque il “passaggio” avrebbe forse poco senso) e che il gruppo di “Cinque Lire” (storico soprannome di Donatiello) sta facendo estorsioni dappertutto, come gli viene riferito (per la verità con una colorita espressione gergale) dall’amico affiliato torrese. Chionna ha raccontato di vari tentativi di estorsione sui proventi della droga, con conseguente ricerca di protezione “sotto” Walter Modeo di Manduria, con il primo che viene “combinato” dal secondo, con il benestare di uno ‘ndranghetista.

L’ultimo tentativo estorsivo

Poi, Chionna racconta di essere stato condotto con l’inganno presso una stazione di carburante fuori città. Presenti Russo e Schiavone e altri, avrebbe subito un ulteriore tentativo estorsivo, di 50 mila euro, poi ridotti a 25 mila euro. E però il suo status era cambiato e “non puoi chiedere soldi a un affiliato della Madonna di Polsi”. Infatti, qualche giorno dopo questi episodi, era il maggio 2019, vennero esplosi dei colpi di pistola all’indirizzo di quella che si credeva essere l’abitazione di Russo. Era il maggio 2019. Nel giro di qualche giorno Chionna fu arrestato. Tutto finito? Non ancora, pare: “Io stavo in infermeria nel carcere di Brindisi. Mandò (Russo, ndr) un’ambasciata, mi chiese altri 50mila euro. Avevo tutto il carcere di Brindisi contro”. Alla fine della deposizione, la presidente De Angelis ha fissato la prossima udienza per il 14 febbraio: le difese eseguiranno il contro-esame del collaboratore di giustizia. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Dario Budano, Pasquale Annicchiarico, Michele Fino, Giuseppe Carlo Reho e Nicola Quaranta.

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