Ambiente di lavoro stressante. Scatta sempre più il «mollo tutto e vado via»

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Succede sempre più spesso che persone con ottimi posti di lavoro, decidano di abbandonarli a causa di relazioni umane che li rendono invivibili. A volte andarsene è la scelta migliore, altre volte ci sono strumenti e strategie che si possono mettere in atto per risolvere o mitigare i conflitti. Una scelta, quella di mollare tutto e cambiare lavoro che spesso viene fatta anche preferendo consistenti tagli alla retribuzione. Un fenomeno che, dopo il Covid, pare essere diventato abbastanza frequente. Ne parla Davide Della Chiara, psicologo clinico e di comunità, nel libro “Ruoli. La comunicazione interpersonale nel business” che sabato ha presentato il suo volume alla Biblioteca Bassani di Ferrara , nell’ambito degli incontri “Ricomincio da me. Percorsi di benessere per vivere meglio con sé stessi e con gli altri”. Una presentazione che è stato l’occasione per approfondire una tematica largamente condivisa.

Della Chiara, quali sono le problematiche relazionali e comunicative più ricorrenti nei luoghi di lavoro?
«Sicuramente uno dei problemi maggiori ha a che fare con la dominanza. In un gruppo di lavoro, dove cioè gli sforzi della squadra sono diretti verso un risultato comune, abbiamo la tendenza a seguire delle logiche istintuali simili a quelle di un gruppo animale. In questa cornice la nostra tendenza è quella, ad esempio, di raccogliere suggerimenti e indicazioni di miglioramento come strumenti volti a sottolineare la maggior efficacia di un membro nei confronti di un altro. Su queste premesse spesso si viene a creare un ambiente di sfida a chi ha le maggiori capacità. A volte la stessa persona che guida questi gruppi tende a soffiare sul fuoco della competizione tra i membri con la convinzione che in questo modo aumentino le performance del gruppo».

In che modo queste dinamiche impattano sui lavoratori e sul rendimento di un’azienda?

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«Dal punto di vista di vista del lavoratore questa sfida continua nei confronti degli altri membri porta ad una presenza di stress costante. Questo a lungo andare logora e fa perdere la motivazione necessaria a svolgere in maniera pertinente le proprie mansioni. Il risultato è che il lavoratore inizia a guardarsi intorno con l’idea di lasciare il posto. Va detto che alcuni di noi sono più sensibili a queste dinamiche e tendono a dare troppo peso ai vissuti di competizione, rincarandone essi stessi il peso. Dal lato dell’azienda il rischio di questo continuo stress è che le persone si allontanino in cerca di altro. Così facendo si troverà sempre in affanno di personale. La ritenzione di personale è difatti una delle principali problematiche che le imprese dei nostri territori si trovano ad affrontare. Con diversi imprenditori ho lavorato e sto lavorando proprio su questi aspetti. Intendiamoci, siamo tutti mammiferi, ragione per cui tendiamo a profondere il minimo sforzo per un risultato sufficiente, in linea generale. Ragione per cui è importante saper stimolare i propri collaboratori, ma il leader deve essere in grado configurare questi stimoli più nella prospettiva del gioco che della competizione per la sopravvivenza».

Posto che l’ambiente di lavoro perfetto non esiste, quali sono gli strumenti da poter adottare per ridurre le criticità?

«Dal lato dell’azienda mi sento di dire che lo strumento più adatto è la riunione coi collaboratori. Deve però rispettare delle caratteristiche. Bisogna: avere una frequenza regolare e una durata definita prima, stabilire un ordine del giorno a cui i collaboratori possono aggiungere voci, creare gruppi non troppo numerosi (10, 15 persone), dare a ciascun membro la possibilità di parola, redigere un verbale al termine da distribuire ai partecipanti. Dal lato del lavoratore, nel momento in cui sente forte la pressione sul luogo di lavoro, consiglio una prima esplorazione delle alternative. Un’esplorazione che sia però precisa e non superficiale. Dico questo perché in quelle condizioni tendiamo a fare la somma delle possibili alternative. Mi spiego meglio: se io sono un metalmeccanico e mi sento in difficoltà con l’azienda per cui lavoro potrei essere tentato di dire a me stesso “caspita sono ancora qui quando potrei aprire una bottega da artigiano, fare l’autotrasportatore, aprire un’edicola, andare a lavorare per l’altra azienda”. In quest’ottica la tentazione che alcuni hanno è quella di abbandonare prima il luogo di lavoro per poi scegliere tra una delle opzioni. Si accorgono solo dopo che ognuna delle scelte presenta un conto che in prima battuta non era stato preventivato».

Quali sono i consigli che più frequentemente ti sei trovato a dare?

«Per l’imprenditore sicuramente quello di programmare delle riunioni, come dicevo prima. A volte mi contattano lamentando che loro, in passato, erano molto più motivati ed intraprendenti dei collaboratori con cui si trovano oggi a lavorare. La mia risposta è che sono fortunati, diversamente vedrebbero da lì a qualche anno gli stessi collaboratori aprire un’azienda rivale. I dipendenti lamentano da parte dell’azienda un comportamento ingiusto. A questa percezione spesso associano dei comportamenti di risposta poco adeguati (per loro stessa ammissione). Il mio approccio li porta a valutare la situazione in termini di “mi serve/non mi serve”, più che in termini di “giusto/ingiusto”».

Quali tematiche vengono affrontate nel libro? Cosa potranno imparare i partecipanti nell’incontro di sabato?

«Il libro delinea tre prototipi di comportamento: il collega, il venditore e il leader. Con queste figure, questi ruoli per l’appunto, cerco di fornire consigli pratici su come interpretare al meglio il proprio personaggio nell’ambiente lavorativo. Sono prototipi, pertanto, ad ognuno sta la capacità di raccogliere elementi utili per la propria vita professionale, in modo da riuscire al meglio a pilotare le emozioni attraverso le sfide che essa ci pone. Nel libro vi è un ampio spazio legato alle basi concettuali psicologiche su cui costruisco questi prototipi. Ho cercato di presentare il modello psicologico nella maniera più divulgativa possibile, in modo da poterne garantire la fruizione anche a chi è più digiuno di tematiche psicologiche».

Oltre alla presentazione del libro, con la moderazione di Annadriana Cariani, verranno proposti alcuni esercizi utili a capire come determinati meccanismi istintuali si manifestino nei nostri comportamenti in maniera per lo più inconsapevole.

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«Cose molto semplici – conclude Della Chiara – ma utili a capire qualcosa in più della nostra natura. Questo passaggio è molto importante per costruire ambienti comunicativi più improntati sulla logica della collaborazione che su quella della competizione». 



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