Mediobanca, dai salvataggi alla finanza: un crocevia da 80 anni

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di
Nicola Saldutti 

Dalla Fiat all’operazione Ferfin alla maxi-Opa Telecom, le grandi operazioni della banca milanese. La fondazione nel 1946 e la dottrina, poi abbandonata, dei patti di sindacato

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Sono pochi i luoghi che vengono riconosciuti per il loro indirizzo. Nella sua storia Mediobanca ne ha cambiati soltanto due, prima via Filodrammatici, poi, dopo la morte del fondatore Enrico Cuccia, la ridenominazione in Piazzetta Cuccia

Un sistema ha fotografato per molti anni la forza dell’istituto fondato nel 1946 dal banchiere umanista Raffaele Mattioli e dal banchiere siciliano, che lo ha plasmato per gran parte della sua storia, la cosiddetta Galassia del Nord. Una galassia teatro di scontri, di riconciliazioni, di salvataggi industriali. Crocevia di un capitalismo, quello italiano, che molte volte preferisce mettere i suoi capitali all’estero e non nelle imprese per farle crescere. Devo fare «le nozze con i fichi secchi», amava ripetere Cuccia.




















































Proverbiale il suo silenzio, persino durante l’inseguimento di Striscia la notizia, impassibile alle domande di Stefano Salvi mentre camminava davanti alla sede della Banca Commerciale Italiana. Negli anni le definizioni sono state tante, compresa quella di salotto buono dove sedevano i principali industriali italiani.

Nasce quando l’Italia industriale è in macerie dopo la Seconda guerra mondiale con un mandato: aiutare la ricostruzione industriale del Paese, partendo proprio dal tessuto imprenditoriale del Nord. È una banca pubblica, che fa capo indirettamente all’Iri, l’istituto per la ricostruzione industriale, attraverso le tre banche di interesse nazionale, Comit, Credit e Banco di Roma. 

Le grandi crisi

È controllata, ma fa dell’autonomia dal potere politico la sua cifra sul mercato finanziario. C’è spesso Mediobanca dietro la gestione delle crisi, come quella della Fiat negli anni Settanta o della Pirelli quando tentò l’acquisizione di Continental in Germania. Una volta Cuccia disse che le banche d’affari americane erano brave a dare consigli, Mediobanca invece dava anche i prestiti. È Piazzetta Cuccia a gestire la grande crisi di Ferfin-Montedison, che vide protagonisti come Raul Gardini e la famiglia Ferruzzi. È sempre Mediobanca a cui il governo Amato affida il compito di studiare, insieme all’Imi, il dossier privatizzazioni. Siamo nel 1992 e lo Stato comincia la grande ritirata dall’economia, sul mercato vanno Credit, Comit. Poi qualche anno dopo Eni, Enel, Bnl, Finmeccanica (ora Leonardo). 

E proprio sulle condizioni e sull’attuazione della privatizzazione della Comit la grande rivalità con Romano Prodi. La Comit entrerà in Intesa nel ‘99. Pochi anni prima la stessa Mediobanca era stata “privatizzata” con la creazione di un patto di sindacato che vedeva da un lato le banche pubbliche, dall’altro i soci privati. 

Lo schema è questo: custodire piccole partecipazioni (ma decisive) nelle principali società italiane, che a loro volta sono azioniste della banca. Un incrocio che era la risposta ad un’economia ancora chiusa e priva di capitali. Un equilibrio tra due mestieri molto diversi, la banca di partecipazioni e la banca d’affari, che consiglia, suggerisce, indica.

Un passaggio centrale è prima il salvataggio dell’Olivetti, poi la madre di tutte le Opa, quella della stessa Olivetti su Telecom Italia. E in quell’anno, era, il 1999, l’incontro tra Cuccia e il presidente del consiglio, Massimo D’Alema. Dalla politica Mediobanca ha cercato di tenersi a distanza, in questa geografia del potere che ha sempre visto, in qualche modo, una contrapposizione tra Milano, città dell’impresa, e Roma, sede del governo e dei ministeri. Visto oggi potrebbe sembrare un sistema da ancien régime, ma era il capitalismo di quegli anni. Dove nel 2001, attraverso Mediolanum, entra anche il gruppo che fa capo a Silvio Berlusconi.

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Dopo Cuccia

Alla morte di Cuccia, il testimone passa al suo delfino, Vincenzo Maranghi, che alla sua uscita rinunciò alla liquidazione. Dal 2006 la guida è passata ad Alberto Nagel con Renato Pagliaro alla presidenza. Anni nei quali il mondo è cambiato completamente, il mondo chiuso del capitalismo italiano ha dovuto fare i conti con il mare aperto. Il tempo dei patti finisce nel piano industriale 2014-2016 con la decisione di vendere tutte le partecipazioni ed uscire dagli accordi parasociali. È la fine di un’epoca. Cambia completamente il modello industriale, dalle partecipazioni alla gestione del wealth management, senza rinunciare al ruolo di banca d’affari.

C’è un passaggio recente, e forse decisivo: nel 2018 Leonardo Del Vecchio immagina un’operazione per rilevare lo Ieo e il Monzino, due realtà sanitarie che Mediobanca ha fondato o ha contribuito a far crescere. La risposta è no. Il piano era di 500 milioni, che il gruppo Delfin investirà per comprare azioni della banca. Entra il gruppo Caltagirone. Comincia la battaglia, all’ultima assemblea il board la spunta. Ieri mattina il lancio dell’Opa da Mps, dove il primo socio è lo Stato, con l’11%. E tra gli azionisti Caltagirone e Delfin. La partita è appena cominciata.


24 gennaio 2025

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