Gli elementi meramente formali sono insufficienti a provare la residenza fiscale all’estero

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La presunzione di residenza fiscale in Italia non è superata se si forniscono solo elementi meramente formali. Lo precisa la Corte di Cassazione

Nel caso di residenza in un Paese considerato a fiscalità privilegiata opera la presunzione di residenza fiscale in Italia ai sensi dell’articolo 2 comma 2-bis del TUIR (vigente prima della modifica prevista dalla riforma fiscale), salvo prova contraria, che deve essere fornita dal soggetto che risiede formalmente all’estero.

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Tuttavia, la presunzione non è superabile se a fronte degli elementi formali dedotti per provare la residenza all’estero (ad esempio i consumi comprovanti l’uso dell’abitazione o documenti e dichiarazioni fiscali stranieri) vi siano ulteriori elementi e dati fattuali, anche emergenti da indagini esperite in sede penale, dai quali ricavare la residenza effettiva in Italia.

Sono queste le conclusioni contenute nell’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 1292/2025.

Gli elementi meramente formali sono insufficienti a provare la residenza fiscale all’estero

Sulla base delle risultanze del PVC redatto dalla Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate aveva notificato al contribuente, formalmente residente nel Principato di Monaco, un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2015, con il quale rideterminava ai fini II. DD. i compensi non dichiarati ed accertava il reddito imponibile complessivo ai fini IRPEF assoggettando i proventi illeciti, derivanti da una serie di condotte fraudolente, a tassazione.

Il contribuente ha proposto ricorso, respinto in entrambi i gradi di giudizio.

Questi ha così proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione e falsa applicazione del DPR n. 917/1986, articolo 2, perché erroneamente il giudice regionale ha ritenuto che la documentazione e gli elementi da lui prodotti non dimostrassero la sua residenza estera e quindi sotto il profilo dell’errata applicazione del concetto di prova contraria sufficiente a vincere la presunzione di potestà impositiva.

La Corte di cassazione ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso, così confermando la legittimità dell’avviso di accertamento.

Quando c’è la presunzione legale di residenza in Italia

Sulla base dell’art. 2, comma 2-bis del TUIR, vigente all’epoca dei fatti, qualora il soggetto, che si sia cancellato dall’anagrafe nazionale (con conseguente inserimento del suo nominativo anche nell’AIRE – anagrafe italiani residenti all’estero) e abbia fissato la sua residenza in un paese considerato a “fiscalità privilegiata” (quale il principato di Monaco), secondo quanto determinato dal Ministero dell’Economia, vi è la presunzione legale di residenza in Italia e quindi di capacità impositiva, salvo prova contraria, che deve essere ovviamente fornita dal soggetto che risiede formalmente all’estero.

Nella specie, il giudice di appello ha ritenuto che il contribuente non avesse dimostrato la propria residenza effettiva nel principato di Monaco, poiché aveva dedotto a tal fine solo elementi formali, che, peraltro, erano smentiti da una serie di ulteriori elementi indiziari dai quali, invece, poteva ricavarsi la residenza in Italia.

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Al fine di superare la presunzione di residenza in Italia il soggetto aveva addotto una serie di elementi di prova contraria, ossia:

  • l’iscrizione all’AIRE;
  • la mancanza di legami familiari con l’Italia;
  • l’abitazione disponibile in Monaco;
  • l’assicurazione sull’abitazione stipulata a Monaco;
  • le autovetture di proprietà con targa monegasca;
  • i consumi energia elettrica comprovanti l’uso dell’abitazione a Monaco;
  • il documento di identità monegasco, patente monegasca e passaporto comprovante la residenza a Monaco;
  • le dichiarazioni fiscali depositate a Monaco per gli anni 2014/2015/2016/2017;
  • il pagamento a Monaco dei contributi pensionistici.

Tali elementi, a parere del giudice, essendo costituiti da dati meramente formali, sono insufficienti a vincere la presunzione legale.

La CTR, senza alcuna inversione dell’onere della prova, che gravava sul contribuente, ha esaminato gli elementi addotti da quest’ultimo e li ha ritenuti insufficienti a dimostrare l’effettiva residenza nel Principato di Monaco, sia perché di natura meramente formale, sia perché smentiti da una serie di ulteriori dati fattuali, emergenti dalle indagini esperite in sede penale, quali: intercettazioni, pedinamenti, verifiche sul territorio, utilizzo del telepass, dichiarazione di terzi, dai quali risultava la presenza costante del contribuente in Italia, la casa di residenza abituale con la sua compagna ed il garage, la residenza in Italia di tutti i suoi familiari.



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