I Paesi coinvolti sono 34, 600mila morti in 3 anni, la maggior parte in Etiopia
Nel 2023 le guerre nel mondo sono state 59 e hanno coinvolto 34 Paesi: il numero più alto mai raggiunto dal 1946. Sono i dati dell’Uppsala Conflict Data Program (UCDP), il centro di ricerca dell’Università di Uppsala in Svezia, noto a livello internazionale per l’accuratezza e la qualità delle sue analisi, che raccoglie informazioni rigorose a supporto della ricerca accademica e delle politiche globali di peacebuilding.
Le 59 guerre nel mondo hanno causato, in un solo anno, 122mila morti, il terzo dato più alto dalla fine della Guerra Fredda. Dal 2021 al 2023, i tre anni più violenti, quasi 600mila persone sono morte in seguito a tutte le guerre nel mondo censite. Questo aumento è stato causato principalmente da tre guerre principali: in Etiopia, la guerra tra il governo e il Fronte di Liberazione del Tigray ha provocato oltre 286mila morti nel 2021 e 2022; in Ucraina, l’invasione russa ha causato più di 160mila morti tra il 2022 e il 2023; a Gaza, il conflitto tra Israele e Palestina ha fatto oltre 23mila vittime in soli tre mesi nel 2023. Anche in Sudan, a Khartoum, un conflitto tra fazioni militari ha provocato più di 5mila morti. Sono stati 10 i paesi che hanno affrontato due guerre contemporaneamente, mentre in 8 hanno dovuto combattere su 3 differenti fronti.
Guerre nel mondo, l’Africa è sempre la più martoriata
Il continente africano continua a essere il principale teatro di guerra nel mondo. Nel 2023 l’Africa si è confermata la regione con il maggior numero di conflitti tra Stati, registrandone ben 28. Questo dato è quasi il doppio rispetto al 2013, quando i conflitti erano 15, evidenziando una crescita significativa in dieci anni. Dietro l’Africa si collocano l’Asia, con 17 conflitti, e il Medio Oriente, che ne ha contati 10. L’Europa, invece, ha registrato solo 3 conflitti, mentre ne continente americano se ne è verificato uno soltanto, rendendola la regione meno colpita.
In Medio Oriente, dopo alcuni anni di diminuzione dei conflitti, la situazione è cambiata tra il 2022 e il 2023, con un aumento del numero di conflitti da 8 a 10. Nel 2022, la regione aveva registrato poco più di 5mila morti legate ai combattimenti, il dato più basso dal 2011. Tuttavia, nel 2023, il bilancio delle vittime in Medio Oriente è tornato a crescere in modo significativo, arrivando a sfiorare le 26mila.
Guerre nel mondo, che cosa sono i conflitti “statali”
Nel 2023 si sono verificati 59 conflitti statali in tutto il mondo. Tra questi, 23 sono stati classificati come “conflitti civili internazionalizzati”. Questo significa che, in quasi la metà dei casi, uno o più governi stranieri sono intervenuti attivamente. Gli interventi possono includere l’invio di truppe, il supporto militare o logistico a una delle parti in lotta o altre forme di coinvolgimento diretto. Anche le operazioni di peacekeeping, come quelle delle Nazioni Unite, possono essere considerate conflitti internazionalizzati, ma solo se il loro mandato prevede un sostegno esplicito a una delle fazioni coinvolte.
Secondo l’Uppsala Conflict Data Program (UCDP), un conflitto statale è un conflitto armato in cui almeno una delle parti è un governo. Questi conflitti nascono da dispute per il controllo di un territorio o del governo stesso, con un livello di violenza che causa almeno 25 morti legate ai combattimenti in un anno. Rispetto ai periodi precedenti al 2010, il numero di conflitti civili internazionalizzati è aumentato in modo significativo, evidenziando il crescente coinvolgimento di attori esterni. Tuttavia, negli ultimi due anni, si è osservata una lieve diminuzione di questi casi.
Messico in testa per la violenza dei cartelli della droga
Nel 2023 si sono registrati 75 “conflitti non statali”, un dato leggermente inferiore agli 84 del 2022 ma molto più alto rispetto a dieci anni fa. Questi conflitti coinvolgono gruppi indipendenti, come milizie, comunità etniche o religiose e cartelli criminali, senza il diretto coinvolgimento di governi. Nonostante siano meno visibili rispetto ai conflitti statali, il loro impatto è significativo: nel 2023 hanno provocato oltre 21mila morti, un dato simile a quello del 2022.
Le Americhe sono state per la prima volta la regione più colpita dai conflitti non statali. Questo aumento è dovuto soprattutto alla violenza tra i cartelli della droga in Messico e, in misura crescente, in Brasile. Insieme, questi due paesi hanno causato più di 19mila morti, con il Messico al primo posto per vittime. In contrasto, l’Africa, storicamente la regione più colpita, ha registrato una diminuzione costante negli ultimi sei anni.
Il Medio Oriente, che negli anni 2010 aveva visto un forte aumento dei conflitti non statali, ha invece registrato un netto calo. L’Europa e l’Asia mantengono livelli relativamente bassi, con pochi conflitti di questo tipo rispetto ad altre aree.
Quando di mezzo ci finiscono i civili
Nel 2023 la “violenza unilaterale” ha provocato più di 10.200 morti, con oltre 8.200 vittime causate da gruppi non statali e poco più di 2mila attribuibili all’uso della forza da parte dei governi. Per “violenza unilaterale” si intende quando un governo o un gruppo armato colpisce direttamente i civili, provocando morti e gravi sofferenze. Negli ultimi decenni, il numero di attori coinvolti in violenza unilaterale è cresciuto, raggiungendo un picco, ma nel 2023 si è registrato un leggero calo, con 42 attori rispetto ai 49 del 2022. Tra i paesi più colpiti in questa categoria di conflitti c’è la Repubblica Democratica del Congo. Inoltre, tredici governi sono stati responsabili di violenze unilaterali contro i civili.
Nel 2023, l’Africa ha ospitato il maggior numero di gruppi responsabili di violenza unilaterale, con 23 attori coinvolti. Seguono le Americhe, con 12 gruppi, il Medio Oriente con 2, l’Asia con 4 e l’Europa con un solo attore. Nel continente americano la violenza unilaterale è stata la causa di un numero significativo di vittime, soprattutto in paesi instabili come Haiti. In questo piccolo paese, infatti la grande e permanente instabilità politica ha permesso a gruppi armati di espandere la loro attività, contribuendo a elevati livelli di violenza.
Le morti legate ai governi (poco più di 2mila), che avevano raggiunto il picco degli ultimi 20 anni nel 2021 con 5.600 vittime, sono diminuite significativamente negli ultimi due anni. Questo calo è in parte dovuto alla fine della guerra in Etiopia e al minor numero di vittime osservate in relazione alla violenza unilaterale della Russia rispetto al 2022. Al contrario, le vittime causate da attori non statali hanno raggiunto il livello più alto mai raggiunto dal 2015, con un costante aumento.
I dati si riferiscono al: 2023
Fonti: Uppsala Conflict Data Program, Prio Paper 2024
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