Nashira Gallery è lieta di presentare Intorno alla stella, una mostra collettiva che vuole celebrare e rendere omaggio al Simposio di Pittura promosso dalla Fondazione Lac o Le Mon in Puglia.
Nato nel 2018 grazie all’intuizione di Luigi Presicce, il Simposio ha dato vita nel corso degli anni a un importante momento di incontro e condivisione tra artisti provenienti da tutta Italia, e la mostra raccoglie le opere di tutti i partecipanti delle sue sei edizioni.
Curata da Luigi Presicce e Andreas Zampella, Intorno alla stella è un tributo ai sei anni di riflessione e creazione collettiva, dove ogni edizione del Simposio ha visto la nascita di opere che fondono sensibilità individuali e il comune sentire ispirato dal territorio salentino.
La mostra sarà accompagnata da tre testi: uno di Luigi Presicce, uno di Andreas Zampella e uno di Laura Perrone, che contribuiranno a contestualizzare e arricchire il racconto di questa esperienza unica. Intorno alla stella offrirà al pubblico un’ampia panoramica sulla pittura italiana contemporanea, mettendo in luce la vitalità e la pluralità di linguaggi che si sono sviluppati nel contesto del Simposio.
L’esposizione non solo celebrerà il percorso individuale degli artisti, ma anche il valore del dialogo e della comunità artistica, rendendo visibile l’intreccio tra pratica personale e ispirazione collettiva. L’opening si terrà il 28 gennaio 2025, dalle 18.00 alle 21.00, e la mostra sarà visitabile fino al 15 marzo 2025.… leggi il resto dell’articolo»
Fabrizio Ajello, Paola Angelini, Anna Arena, Emanuele Baldi, Isotta Baldi, Mattia Barbieri, Angelo Bellobono, Thomas Berra, Enne Boi, Thomas Braida, Martina Bruni, Michele Bubacco, Anna Capolupo, Matteo Capriotti, Giulio Catelli, Valeria Carrieri, Matteo Coluccia, Rudy Cremonini, Valentina D’Amaro, Rudy De Amicis, Lupo De Amicis, Francesco De Grandi, Roberto De Pinto, Nicola Dinoia, Gianluca Di Pasquale, Dalila Doro, Gabriele Ermini, Elisa Filomena, Antonio Grulli, Agnese Guido, Piotr Hanzelewicz, Pesce Khete, Francesco Lauretta, Matthew Licht, Valentina Lupi, Davide Mancini Zanchi, Marta Mancini, Monica Mazzone, Beatrice Meoni, Giulia Messina, Jimmy Milani, Luce Negro, Marcello Nitti, Matteo Nuti, Aryan Ozmaei, Marco Pace, Anita Pace, Anastasiya Parvanova, Mattia Pajè, Aronne Pleuteri, Vera Portatadino, Leone Presicce, Luigi Presicce, Cetty Previtera, Pierluigi Pusole, Giulia Querin, Linda Randazzo, Chris Rocchegiani, Andrea Salvino, Alessandro Scarabello, Davide Serpetti, Maddalena Tesser, Michele Tocca, Andy Trema, Flaminia Veronesi, Lucia Veronesi, Andreas Zampella.
Intorno alla stella
di Luigi Presicce
Esattamente dieci anni fa, avevamo a disposizione una somma di denaro da investire. Avevamo organizzato diverse edizioni della Festa dei vivi (un progetto che riflette sulla morte) e, addirittura, eravamo stati invitati a DOCUMENTA13 a Kassel. Nel gruppo, chiamato Lu Cafausu, oltre a me, c’erano Cesare Pietriusti, Luigi Negro, Giancarlo Norese ed Emilio Fantin. Mi ero unito al gruppo nel 2010. Questo nuovo gruppo era nato dalle ceneri del noto Gruppo Oreste, che aveva partecipato alla 48ª Biennale di Venezia diretta dal leggendario Harald Szeemann.
Come accennavo, avevamo a disposizione del denaro, ma invece di spenderlo per SUV da corsa sulla provinciale Gallipoli-Maglie o acquistare televisori enormi, avevamo deciso di investirlo in qualcosa di più significativo: una casa tutta nostra. Non per trasformarla in un B&B, come fanno tutti in quella porzione di terra chiamata Salento, ma per accogliere artisti provenienti da tutto il mondo.
Scelsi di collocare la nostra casa Cafausica nella piccola cittadina di San Cesario di Lecce, per motivi affettivi o semplicemente per non essere troppo distanti dal famoso Cafausu: un gazebo in pietra del 1700, affrescato al suo interno, che, miracolosamente, era rimasto in piedi dopo la distruzione della villa che lo circondava, ora circondato da brutte palazzine in un parcheggio.
Iniziammo a cercare la nostra casa nel centro storico del paese, visitando molte case e palazzi nobiliari con volte affrescate, mobili d’epoca e agrumeti da sogno. Alla fine, però, la nostra scelta cadde su una casa colonica di fine Ottocento, al confine tra San Cesario e Cavallino. La casa era spoglia e ridotta a un rudere che aveva resistito alla morte di tutti i suoi abitanti, compresi i coloni che si occupavano della coltivazione del tabacco nei terreni circostanti. La proprietà, che si estendeva su sette ettari, comprendeva anche un ortus conclusus.
La casa era grande, circa 400 mq su due livelli, con vari terrazzi, tra cui uno che offriva una vista straordinaria sulla campagna salentina, praticamente disabitata. Un angolo di paradiso, completamente isolato, con l’Adriatico da un lato e lo Ionio dall’altro, a pochi chilometri di distanza.
Tutto era stato pianificato: sarebbero stati effettuati lavori di ristrutturazione minimi e tutta l’energia sarebbe stata prodotta dal sole, compresa l’acqua corrente. Un esperimento ecologico unico nel suo genere. L’idea di una vita comunitaria si faceva sempre più concreta nelle nostre menti. Il passo successivo sarebbe stato quello di iniziare a coinvolgere altri artisti in questa avventura, e per farlo, decidemmo di organizzare una Summer School che potesse ospitare il maggior numero di persone possibile durante la stagione estiva, che al sud dura molto più a lungo rispetto ad altre regioni d’Italia.
Nel 2015, anno in cui iniziò tutto questo, avevo appena concluso una sessione dell’Accademia dell’Immobilità al MAMbo di Bologna, un’esperienza che mi aveva entusiasta. Avevo creato un gruppo di persone straordinarie con cui avevamo messo in scena una performance spettacolare: Fine eroica di un’immagine del Quattrocento.
L’idea di replicare quell’esperienza in un luogo così speciale mi affascinava, ma presto mi resi conto che sarebbe stato un impegno emotivamente estenuante. Al MAMbo avevo lasciato un pezzo di cuore che si era diviso tra tutti i partecipanti, e non me ne era rimasto abbastanza per ricominciare. Nel frattempo, i lavori alla casa erano quasi finiti. E io, fresco dall’esperienza a Firenze con Francesco Lauretta, avevo creato la Scuola di Santa Rosa, una libera scuola di disegno che occupava i bar del centro con l’intento di creare relazioni sotto il pretesto del disegno en plein air. Non era la prima volta che mi impegnavo in iniziative senza scopo di lucro, dando spazio agli altri.
Nel 2008 avevo fondato, insieme a Luca Francesco e Valentina Suma, Brown Project Space, il primo spazio indipendente creato da artisti per ospitare altri artisti a Milano, una città che, all’epoca, pensava solo a capitalizzare sull’arte. Qualche anno dopo, fui invitato da Bartolomeo Pietromarchi a partecipare alla prima edizione di Artist in Residence al MACRO di Roma, dove estesi l’invito a nove altri artisti, che abitarono il mio grande atelier all’interno del museo. Lo chiamammo Laboratorio: uno spazio dove vivevamo in modo totale, lontano dalle rigide regole imposte dal museo.
Nel 2018, decisi di fare un passo verso quella che era sempre stata la mia passione più grande: la pittura. Così nacque l’idea di fondare un Simposio di Pittura, uno spazio-tempo dove pittori di diverse generazioni si sarebbero confrontati, vivendo gli stessi spazi e condividendo le stesse motivazioni.
Alla prima edizione del Simposio, molti pittori furono invitati a godersi una vacanza in un posto da favola. Laura Perrone, che considero una sorella, mi aiutò a organizzare tutto, e con lei mi sentivo al sicuro. Non c’era alcun obbligo: nessuno doveva dipingere, nessuno doveva partecipare a sessioni creative. L’unica regola era prendersi cura della casa e degli altri: fare le pulizie, cucinare, lavare i piatti, le lenzuola e mantenere l’ordine.
Molti passavano il tempo sulle spiagge, altri iniziavano timidamente a dipingere. I gruppi iniziali, formati da chi già si conosceva, si fusero piano piano, e il gruppo diventò sempre più unito. Iniziarono le cene all’aperto, le grigliate intorno al fuoco (la stella costruita da Calori & Maillard). E, timidamente, il ghiaccio si ruppe: qualcuno iniziò a fare DJ set dalla finestra e i balli divennero qualcosa di incredibile. Un’isola felice. Mi sentivo soddisfatto di tutti gli sforzi fatti. In media, c’erano circa 25 persone, e lo stesso accadde nella seconda edizione del 2019. Tutti dormivano insieme, tutti si occupavano degli altri: nascevano amori, conflitti e rivalità, ma l’armonia regnava, come in una famiglia, con sempre qualcuno che rompeva le uova nel paniere, ma alla fine tutto funzionava comunque. I momenti di maggiore tensione si verificavano durante le letture dei portfolio, dove i più giovani erano entusiasti e gli anziani si facevano pacificatori. Comunque, convivevamo sotto la stessa bolla, lontano dal mondo reale. Il Simposio era una vera e propria isola.
La pandemia di Covid-19 fece saltare l’edizione del 2020, ma nel 2021 ripartimmo con una versione speciale, assistita da Luigi Negro, con la partecipazione di artisti in miniatura: fu il Simposio per bambini, molti dei quali figli di artisti o di collezionisti. Nel 2022, 2023 e 2024, il Simposio tornò alla normalità, con un gruppo sempre più affiatato di ospiti che frequentava la casa, che nel frattempo era diventata un luogo familiare e imprescindibile durante l’estate.
Le ultime tre edizioni, guidate anche da Matteo Coluccia, mio angelo custode, sono state caratterizzte dalla “sobria” armonia. Il gruppo, che restava pressoché lo stesso, con alcuni nuovi invitati, ha creato un’atmosfera unica, serena, in cui tutti erano nel posto giusto al momento giusto. Mi piace dire che Thomas Berra è l’Ugo Tognazzi del gruppo, lo chef del Simposio, un brianzolo che ha stretto legami con i verdurai, i macellai, i pescivendoli e tutti gli altri del paese. Avrei aneddoti e curiosità su ognuno che è passato da quella casa, li ho amati tutti come una famiglia di fratelli e sorelle che non ho mai avuto.
Questa mostra, fortemente voluta da Andreas Zampella, non restituirà mai l’atmosfera unica che si è creata in questi sei anni, ma servirà a rafforzare quei legami che continuano, al di fuori del Simposio, ogni volta che se ne presenta l’occasione. Il fatto che questi legami esistano davvero, che molti continuino a scriversi ogni giorno sulla chat del Simposio, per me è oro, un miracolo in un sistema dell’arte che non offre molte speranze. Come un fiore di ginestra che cresce nella pietra.
Poi ci sono i pianti. Ogni estate, il Simposio finisce e la casa affoga in un mare di lacrime. Sembrano addii per sempre, abbracci infiniti, il dolore delle partenze anticipate e il lutto per chi resta. Il Simposio non è una residenza d’artista, non si può incasellare in nessuna categoria. È vita vissuta, uno spaccato paradisiaco. Come qualcuno ha scritto su un muro della casa: “Il Simposio è come gli artisti vogliono vivere”. E io me ne sono convinto.
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