alla Puglia fino a 240 milioni di euro in meno

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La Puglia ogni anno perde mediamente 239 milioni di euro per finanziare servizi essenziali quali istruzione, trasporti, ambiente, strade, polizia locale. Tutta colpa del criterio della “spesa storica” utilizzato per ripartire i vari fondi nazionali nonostante non sia allineato con i reali fabbisogni attuali. È quanto emerge dall’ultima relazione della Corte dei Conti, sezione delle Autonomie, sulle tematiche relative allo stato di attuazione e alle prospettive del federalismo fiscale.

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La relazione

L’analisi della magistratura contabile parte dai dati di “OpenCivitas”, il portale di accesso alle informazioni degli enti locali, un’iniziativa di trasparenza promossa dal ministero dell’Economia e della Finanze e da Sose. Prendendo in considerazione le singole regioni il dato è emblematico: la Puglia ha ricevuto dallo Stato il 9,4% in meno delle risorse, la regione più danneggiata, tanta è la differenza tra spesa storica e fabbisogno standard. Per spesa storica si intende la somma che ogni singola Regione riceve per finanziare i servizi essenziali e viene calcolata prendendo in considerazione la spesa sostenuta in passato. Il fabbisogno standard, invece, rileva le reali necessità.

La Puglia, come detto, tra le regioni a statuto ordinario è quella che perde maggiori risorse in termini percentuali, seguono l’Umbria (-8,5%) e la Campania (-7,5%), per restare al “podio”. Mentre quelle che ci guadagnano sono Liguria (+14,5%), Lazio (+5,4%) e Marche (+2,99%). Gli ultimi dati a disposizione mettono in evidenza che, nella differenza tra spesa storica e reali fabbisogni, il Mezzogiorno ha ricevuto circa il 22% di risorse in meno rispetto a quello che avrebbe dovuto incassare se si fossero presi in considerazione i Lep. Anche le altre Regioni ci hanno perso, ma molto meno: il Nord-Est ha ricevuto trasferimenti in meno pari al 15,9% (73 milioni), il Nord-Ovest pari al 15,5%, il Centro ci ha rimesso appena 26 milioni, per un “ammanco” del 4,1%. Analizzando le singole voci, la Puglia perde, ad esempio, circa 10 milioni per l’istruzione; 30 milioni per la cura del territorio, 3 milioni per il settore amministrativo.

Numeri che confermano la sperequazione tra Nord e Sud, “forbice” che rischia di dilatarsi con l’autonomia differenziata qualora non dovessero essere applicati i Lep, i livelli essenziali di prestazione. Proprio dei Lep si è discusso lunedì a Bari, in prefettura, con l’arrivo della commissione bicamerale. Dagli incontri di ieri è emerso, ad esempio, che la Puglia anche nel 2025 rischia di perdere altri 2,5 punti percentuali sul fondo nazionale per i trasporti.

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D’altronde, è un dato acclarato che il Mezzogiorno sia stato penalizzato negli ultimi 20 anni dal criterio delle spesa storica, lo ha evidenziato sempre la Corte Costituzionale: è indispensabile determinare i livelli essenziali delle prestazioni per garantire servizi uguali da Trieste a Palermo. Per evitare che, come accade ormai da almeno due decenni, i soldi per gli investimenti prendano una sola direzione. Vale per la sanità, come per l’istruzione e le infrastrutture. Basti pensare che ogni giorno il Mezzogiorno incassa circa 170 milioni in meno rispetto alle reali esigenze. Andando a ritroso nel database di Opencivitas, quello che balza all’occhio è che la situazione nel corso degli anni non è mai mutata: la Regione Puglia, ad esempio, per garantire nel 2016 agli allora 4 milioni di cittadini i servizi di istruzione, asili nido, polizia locale, pubblica amministrazione, viabilità e rifiuti, ha potuto spendere 2,22 miliardi ma avrebbe avuto bisogno di 2,32 miliardi, circa 100 milioni in più. In sostanza, la Puglia – avendo ottenuto trasferimenti statali inferiori rispetto al reale fabbisogno finanziario – ha dovuto stringere la cinghia, mentre il Piemonte nonostante un fabbisogno reale di 2,74 miliardi ne ha spesi 2,81, cioè 70 milioni in più.

Il portale, raggiungibile dal sito del Mef, permette di confrontare due o più enti (Comuni, Province o Regioni) per effettuare un benchmarking rispetto ai livelli di spesa sostenuta e ai servizi erogati per le funzioni analizzate. I servizi che possono essere paragonati sono sei: costo della macchina amministrativa, spesa per la polizia locale, l’istruzione, la viabilità, la gestione dei rifiuti e per gli asili nido. Le Regioni del Mezzogiorno, nel 2016, per tutti i servizi elencati prima hanno sopportato un costo complessivo di 7,90 miliardi (spesa storica), ma avrebbero avuto bisogno, secondo i calcoli di OpenCivitas, di almeno 8,18 miliardi (spesa standard), uno scarto negativo del 3,43%. Le Regioni del Nord, al contrario, hanno investito complessivamente 16,42 miliardi, nonostante il fabbisogno reale fosse di 15,23 miliardi. Hanno speso di più avendo ricevuto più soldi.





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