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Secondo lo studio, i cittadini tra i 20 e i 64 anni, ossia la popolazione attiva, scenderanno dai 922.209 di oggi ai 645.152 del 2044, segnando un calo del 30%, pari a 277.057 unità. Questo dato rende la Sardegna la regione italiana con il calo demografico più marcato nella popolazione in età lavorativa, superando di cinque punti la media del Mezzogiorno (-25,1%) e quasi raddoppiando il dato nazionale (-16,1%).
Il quadro risulta ancor più critico se si considerano i giovani tra i 15 e i 35 anni. Dal 2004 ad oggi, questa fascia di popolazione si è ridotta del 36,8%, passando da 455.769 a 287.970 unità. La proiezione al 2044 prevede un’ulteriore diminuzione a 208.110 giovani, con una perdita netta di quasi 80.000 unità rispetto al 2024 e un calo complessivo del 54,3% rispetto al 2004.
A livello territoriale, il calo demografico riguarda tutte le province: Cagliari registra una diminuzione del 36,3%, passando da 199.000 giovani del 2004 a 76.000; Nuoro, Oristano e Sassari-Gallura seguono con cali rispettivamente del 36,8%, 40,9% e 30,8%.
L’analisi evidenzia anche l’impatto sul tessuto imprenditoriale giovanile, con circa 13.700 imprese registrate, pari all’8% del totale nell’Isola. Tra queste, 2.600 sono artigiane, di cui 696 a guida femminile. Tuttavia, il passaggio generazionale nelle attività risulta limitato: tra il 2016 e il 2022 solo il 7,7% delle imprese è passato di mano, con il 95% dei trasferimenti avvenuti in ambito familiare.
Dal lato occupazionale, il numero di under 35 impiegati è sceso a 112.000 unità nel 2023, con una variazione negativa del 3,8% rispetto al 2019. Contestualmente, il tasso di occupazione per questa fascia d’età è cresciuto marginalmente, passando dal 37,4% al 39,1%. Nonostante ciò, le imprese faticano a trovare manodopera giovane: su 40.000 posizioni richieste, il 42,3% risulta difficile da coprire, generando un costo economico stimato in 223 milioni di euro.
Nel corso del dibattito, Riccardo Porta, Presidente Nazionale dei Giovani Imprenditori di Confartigianato, ha evidenziato l’urgenza di intervenire. “Questi dati ci pongono di fronte a un bivio: accettare un futuro ineluttabile oppure invertire la tendenza puntando sulle imprese artigiane. Queste non sono solo motori economici, ma baluardi di identità culturale e coesione sociale”.
Porta ha sottolineato l’importanza di rendere attrattivo l’artigianato per le nuove generazioni, attraverso programmi di formazione, tirocini e innovazione tecnologica. “Integrare tecnologie moderne, come l’intelligenza artificiale, nel settore artigiano può attrarre giovani e favorire la transizione generazionale”, ha aggiunto. Inoltre, ha ribadito il ruolo cruciale del sostegno istituzionale, con politiche fiscali e strumenti di credito che incentivino i giovani a subentrare o avviare nuove attività.
Senza un cambio di rotta, il rischio per la Sardegna è quello di un declino demografico ed economico irreversibile, che potrebbe compromettere il futuro dell’Isola e delle sue comunità.
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Secondo lo studio, i cittadini tra i 20 e i 64 anni, ossia la popolazione attiva, scenderanno dai 922.209 di oggi ai 645.152 del 2044, segnando un calo del 30%, pari a 277.057 unità. Questo dato rende la Sardegna la regione italiana con il calo demografico più marcato nella popolazione in età lavorativa, superando di cinque punti la media del Mezzogiorno (-25,1%) e quasi raddoppiando il dato nazionale (-16,1%).
Il quadro risulta ancor più critico se si considerano i giovani tra i 15 e i 35 anni. Dal 2004 ad oggi, questa fascia di popolazione si è ridotta del 36,8%, passando da 455.769 a 287.970 unità. La proiezione al 2044 prevede un’ulteriore diminuzione a 208.110 giovani, con una perdita netta di quasi 80.000 unità rispetto al 2024 e un calo complessivo del 54,3% rispetto al 2004.
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L’analisi evidenzia anche l’impatto sul tessuto imprenditoriale giovanile, con circa 13.700 imprese registrate, pari all’8% del totale nell’Isola. Tra queste, 2.600 sono artigiane, di cui 696 a guida femminile. Tuttavia, il passaggio generazionale nelle attività risulta limitato: tra il 2016 e il 2022 solo il 7,7% delle imprese è passato di mano, con il 95% dei trasferimenti avvenuti in ambito familiare.
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Nel corso del dibattito, Riccardo Porta, Presidente Nazionale dei Giovani Imprenditori di Confartigianato, ha evidenziato l’urgenza di intervenire. “Questi dati ci pongono di fronte a un bivio: accettare un futuro ineluttabile oppure invertire la tendenza puntando sulle imprese artigiane. Queste non sono solo motori economici, ma baluardi di identità culturale e coesione sociale”.
Porta ha sottolineato l’importanza di rendere attrattivo l’artigianato per le nuove generazioni, attraverso programmi di formazione, tirocini e innovazione tecnologica. “Integrare tecnologie moderne, come l’intelligenza artificiale, nel settore artigiano può attrarre giovani e favorire la transizione generazionale”, ha aggiunto. Inoltre, ha ribadito il ruolo cruciale del sostegno istituzionale, con politiche fiscali e strumenti di credito che incentivino i giovani a subentrare o avviare nuove attività.
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