Ho deciso di analizzare il testo finale del documento prodotto alla COP 29 di Baku (2024), intitolato “New collective quantified goal on climate finance” attraverso una metafora: una classifica dei verbi più ricorrenti, che incarnano diverse sfumature di “buone intenzioni”.
Il protagonismo di verbi come “Riconoscere” e “Decidere” nasconde la natura spesso simbolica degli impegni espressi: nonostante la ricchezza di dichiarazioni e inviti, infatti, le azioni concrete rimangono limitate, aumentando la distanza tra retorica e realtà.
L’analisi invita a superare le logiche delle sole enunciazioni per dare maggiore concretezza e significato alle parole, in un richiamo alla necessità di una partecipazione attiva e trasformativa.
Testo COP 29: la “classifica finale” del campionato
Non chiedetemi perché, ma nel leggere il testo finale della COP 29, svoltasi a Baku dall’11 al 22 novembre 2024, dal titolo impegnativo (“New collective quantified goal on climate finance”), riga dopo riga ho cominciato a focalizzare la classifica di un campionato particolare: quello dei verbi che rappresentano, con diverse sfumature, quelle che potremmo riassumere nel concetto di “buone intenzioni”, più veritiero di “impegni”.
Perché di questo stiamo parlando: né più, né meno.
Tredici i partecipanti: Afferma, Riafferma (un derby?), Sottolinea, Prende atto, Decide, Ribadisce, Esorta, Incoraggia, Riconosce, Accoglie con favore, Invita, Richiama e Richiede.
Alla fine dei 40 punti elencati nel documento (si tratta delle “questioni legate al finanziamento”), alla fine la spunta di misura “Riconosce”. Chiudono la classifica “Ribadisce” e “Accoglie con favore”.
Ma nessun problema: non esistono retrocessioni.
Posizione | Partecipante | Punti |
1 | Riconosce | 6 |
2 | Decide | 5 |
Invita | ||
3 | Sottolinea | 4 |
Esorta | ||
4 | Afferma | 3 |
Richiede | ||
5 | Riafferma | 2 |
Incoraggia | ||
Richiama | ||
Prende atto | ||
6 | Ribadisce | 1 |
Accoglie con favore |
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Ma anche chi vince, non vince nulla.
Interessante, però, la cronaca delle partite.
Agli ordini dell’arbitro “Richiamo” (dell’Accordo di Parigi che, si enuncia nell’incipit del documento, “sarà attuato riflettendo l’equità e il principio delle responsabilità comuni ma differenziate e delle capacità rispettive, alla luce delle diverse circostanze nazionali”), le squadre si sono affrontate duramente.
“Riconosce” vince, perché è così che funzionano le COP: si parte sempre con il riconoscere una serie di fondamentali. Nel caso di specie, la COP 29 riconosce:
- che i fondi climatici multilaterali sono fondamentali per sostenere i Paesi in via di sviluppo;
- i vincoli fiscali e i crescenti costi per adattarsi agli effetti negativi dei cambiamenti climatici e – ça va sans dire – la necessità di risorse pubbliche, sovvenzioni e finanziamenti altamente agevolati;
- la necessità di incrementare notevolmente il finanziamento per l’adattamento e per affrontare perdite e danni;
- i significativi divari che rimangono nel rispondere all’aumento della scala e della frequenza delle perdite e dei danni associati ai cambiamenti climatici
- l’importanza di continuare a sostenere transizioni giuste in tutti i settori e ambiti tematici, nonché sforzi trasversali, inclusi trasparenza, preparazione, sviluppo delle capacità e trasferimento tecnologico nei Paesi in via di sviluppo;
- l’importanza della trasparenza nel misurare i progressi nell’accesso ai finanziamenti climatici e sugli impatti, i risultati e gli esiti dei flussi finanziari climatici.
Una presa d’atto, in sostanza, che però gioca nella squadra (arrivata penultima) in cui si prende atto soltanto “dei risultati del Sesto Rapporto di Valutazione dell’IPCC, che sottolinea l’urgenza dell’azione climatica”, e “delle implicazioni di bilancio stimate per le attività che il segretariato dovrà intraprendere”.
Gli inviti della seconda classificata sono cinque:
- esplorare, utilizzare e ampliare tali strumenti finanziari innovativi, secondo le circostanze nazionali;
- continuare (l’invito è rivolto alle istituzioni finanziarie internazionali) ad allineare i propri modelli operativi, canali e strumenti per essere adeguati a contrastare con urgenza i cambiamenti climatici;
- rafforzare gli sforzi dei “fondi climatici multilaterali” per “migliorare l’accesso e promuovere l’efficacia”;
- presentare informazioni sui sostegni finanziari forniti e mobilitati nel 2025 e 2026 entro il 30 giugno 2028;
- includere un equilibrio regionale negli sforzi per aumentare i finanziamenti, considerando aspetti sia qualitativi che quantitativi (questo è un compito al quale è invitato il Comitato Permanente per il Finanziamento).
In ordine decrescente, si sottolineano gli sforzi per:
- sottolineare i bisogni finanziari dei Paesi in via di sviluppo, l’importanza di continuare a utilizzare canali bilaterali, di ridurre significativamente i costi del capitale (e “aumentare il rapporto di mobilitazione dei finanziamenti provenienti da fonti pubbliche entro il 2030”), di “ridurre vincoli esistenti, sfide, disuguaglianze sistemiche e barriere all’accesso al finanziamento climatico, come i costi elevati del capitale e i processi di candidatura onerosi”;
- esortare tutti gli attori a lavorare insieme, a rafforzare i propri sforzi per migliorare l’accesso ai finanziamenti bilaterali, regionali e multilaterali per i Paesi in via di sviluppo; ad “applicare miglioramenti nell’accesso, ove appropriato e rilevante”; a promuovere l’inclusione e l’estensione dei benefici alle comunità e ai gruppi vulnerabili;
- affermare che “il nuovo obiettivo collettivo quantificato sul finanziamento climatico è volto a contribuire a […] mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto dei 2 °C sopra i livelli pre-industriali e perseguire gli sforzi per limitare l’aumento della temperatura a 1,5 °C sopra i livelli pre-industriali”; e che “la fornitura di risorse finanziarie ampliate dovrebbe mirare a raggiungere un equilibrio tra adattamento e mitigazione”;
- richiedere alle Presidenze di “produrre un rapporto che riassuma i lavori da concludersi entro la settima sessione della Conferenza (novembre 2025)”, e al Comitato Permanente per il Finanziamento di “preparare un rapporto biennale, a partire dal 2028, sui progressi collettivi relativi a tutti gli elementi di questa decisione”;
- riaffermare “i risultati del primo bilancio globale”, sottolineando, al contempo, “l’urgenza di migliorare l’ambizione e l’azione in questo decennio critico per affrontare le lacune nell’attuazione degli obiettivi dell’Accordo di Parigi”;
- incoraggiare i Paesi in via di sviluppo a fornire contributi (su base volontaria), le Parti a continuare a promuovere un’agenda evolutiva per banche multilaterali più grandi e a “lavorare attraverso i loro organi di governo per continuare a migliorare il finanziamento climatico, in particolare per quanto riguarda coerenza, complementarità e accesso”;
- richiamare (una squadra di giocatori e arbitri, ndr) l’Accordo di Parigi;
- ribadire l’importanza di “riformare l’architettura finanziaria multilaterale”;
- accogliere con favore gli sforzi in corso per migliorare l’accesso al finanziamento climatico.
Testo finale COP 29: le decisioni
Ho volutamente deciso di parlare della seconda classificata (“Decide”), perché mi sembrava giusto dedicare un paragrafo a parte all’unica squadra portatrice di qualcosa di concreto.
La COP 29, infatti, decide – letteralmente – che “il nuovo obiettivo collettivo quantificato sul finanziamento climatico sosterrà l’attuazione dei contributi determinati a livello nazionale dei Paesi in via di sviluppo, inclusi i loro piani nazionali di adattamento e le comunicazioni relative all’adattamento, contribuendo ad aumentare e accelerare l’ambizione, e riflettendo le necessità e le priorità in evoluzione dei Paesi in via di sviluppo, in particolare quelli particolarmente vulnerabili agli effetti negativi dei cambiamenti climatici e con significative limitazioni di capacità, come i Paesi meno sviluppati e le piccole isole in via di sviluppo”.
Ottantacinque parole per dire che, in sostanza, non si è deciso nulla. Così come nulla significa, detto da chi finora ha continuato a non decidere:
- “aumentare significativamente le risorse pubbliche” (attraverso meccanismi bizantini);
- “perseguire sforzi per almeno triplicare i flussi annuali da tali fondi rispetto ai livelli del 2022 entro il 2030”;
- “lanciare […] la «Roadmap Baku-Belém verso 1,3T»” per “incrementare il finanziamento climatico per i Paesi in via di sviluppo al fine di supportare percorsi di sviluppo a basse emissioni di gas serra e resilienti al clima, attraverso sovvenzioni, strumenti agevolati e non legati al debito, e misure per creare spazio fiscale”;
- “intraprendere una valutazione speciale sull’accesso ai finanziamenti climatici alla dodicesima sessione della Conferenza (2030)”;
- “effettuare periodicamente una revisione dell’attuazione di questa decisione come parte del bilancio globale e di avviare discussioni sul futuro prima del 2035, inclusa una revisione di questa decisione nel 2030”.
De Coubertain, Nanni Moretti e il “Signor G”
“L’importante non è vincere, ma partecipare”.
Questa frase, attribuita a Charles Pierre de Frédy, barone de Coubertin, rende – credo – le dinamiche delle COP più comprensibili.
Insieme alla famosa battuta di “Ecce bombo” di Nanni Moretti: “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”.
Del resto, i testi finali delle COP “svolgono un ruolo fondamentale nel plasmare le politiche climatiche globali”, come si può leggere ovunque si cerchino notizie in merito.
L’importante sembra “esserci”.
Esserci, più che partecipare.
Attivamente.
Perché se è vero che molte decisioni sono politicamente vincolanti (“ci siamo, e abbiamo deciso!”), è vero anche che la loro efficacia dipende dall’implementazione a livello nazionale e dall’impegno continuo degli Stati (la partecipazione).
Forse, dopo anni di COP, di parole stanche, di commenti che si ripetono e di un cinismo montante in tutti i settori (chi commenta, chi guarda, chi c’é e chi “ci fa”), è giunto il momento di fare, di partecipare, per dare concretezza a parole ormai logore, che rischiano di diventare vuote.
Le parole del documento “New collective quantified goal on climate finance” si commentano da sole. Io mi sono limitato a metterle in fila, seguendo l’ordine di una classifica di un gioco immaginario.
Come immaginarie sono, forse, purtroppo, ahimè, le parole di chi cantava cos’è la libertà:
“La libertà non è star sopra un albero
Non è neanche un gesto o un’invenzione
La libertà non è uno spazio libero
Libertà è partecipazione”.
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