Cumuli di terra spezzano l’orizzonte da mesi, a Contesse. Tra le ultime palazzine del quartiere e il mare esiste una grande area di proprietà di Rete Ferroviaria Italiana, una di quelle che, un giorno, diventeranno strategiche per i cantieri del Ponte. Più di un anno fa è stata completamente asfaltata. E poi, lentamente, è andata riempiendosi di terra grigia, portata da un camion dopo l’altro. Almeno fino a inizio novembre, quando tutto si è fermato e una parte di quei cumuli è stata coperta con dei teloni. Al punto che da settimane gli abitanti di Contesse si chiedono: «Cosa c’è in quella terra? Perché una parte è stata coperta? E cosa c’entra tutto questo con il sequestro di una vasca del cantiere del raddoppio ferroviario Giampilieri-Fiumefreddo, a Nizza di Sicilia, dove sono stati riscontrati livelli di arsenico oltre i limiti?».
Nessuno vuol lanciarsi in allarmismi, ma al tempo stesso non c’è l’intenzione di sottovalutare alcunché. Poco più di un mese fa, infatti, a Nizza di Sicilia i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria della Procura di Messina, con personale dell’Arpa Sicilia, hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo, emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messina, di una vasca di accumulo che raccoglie le acque derivanti da un’area di deposito temporaneo di inerti, dalla quale è avvenuto il cosiddetto “dilavamento” di liquido gestito come rifiuto. È una delle nove vasche che raccolgono le acque provenienti dalle terre e rocce da scavo del cantiere del raddoppio ferroviaria e la fuoriuscita di liquido era stata riscontrata dalla stessa Arpa il 23 ottobre, due giorni dopo un evento alluvionale.
Il nodo principale sta nella quantità di arsenico riscontrata in quei materiali, al centro di un caso ormai da mesi. In estrema sintesi, per poter essere riutilizzate a livello industriale (la destinazione sarebbero delle ex cave in provincia e nel Siracusano), quelle terre dovrebbero contenere quantità di arsenico non superiore ai 50 milligrammi per ogni chilo. Secondo i dati forniti a metà ottobre, invece, a settembre sono stati toccati i 90 mg, i 57, i 56, addirittura i 120. «Valori di fondo naturale», ha sempre sostenuto il Consorzio Messina-Catania Lotto Nord, costituito da Webuild e Pizzarotti, le imprese che stanno lavorando al cantiere, secondo cui «è evidente che non trattasi di contaminazione, per la quale avviare le “procedure per gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale”». Una tesi sostenuta anche al tavolo con Arpa e i Comuni, anche perché «la presenza dei valori di concentrazione dell’arsenico nelle terre e rocce da scavo risulta essere pregressa all’avvio dei lavori e non riconducibile in alcun modo alle attività condotte dal Consorzio», tanto da essere già stata riscontrata tra il 2015 e il 2017.
Ma il caso è esploso comunque, anche e soprattutto per le modalità con le quali sono state gestite le 14 mila tonnellate di materiale che, a quel punto, non potevano essere più trattate come semplici rocce da scavo, ma erano diventate rifiuto speciale. «Le terre non sono state depositate in vasche chiuse con raccolta delle acque di prima pioggia» ha denunciato in un esposto, il 22 ottobre, il deputato regionale di Sud chiama Nord, Pippo Lombardo. E «a causa dei gravi eventi alluvionali verificatisi il 21 ottobre, tutte le acque di piazzale, anche delle altre vasche, si sono riversate sui terreni limitrofi». Un caso, dunque, legato «alla permanenza di 14.000 tonnellate di rifiuti contenenti arsenico con soglie di contaminazione acque sotterranee superiori ai limiti di legge, esposte alle intemperie atmosferiche per oltre tre mesi e senza adeguati presidi ambientali», ha aggiunto in quel caso Lombardo. Il giorno successivo ecco l’ispezione dell’Arpa in cantiere. E poche settimane dopo il sequestro di una delle nove vasche.
Oggi il dubbio è: la terra accumulata a Contesse, proveniente in gran parte dal cantiere di Nizza (in quello di Giampilieri la “talpa” non è ancora entrata in azione per scavare la galleria), di che natura è? Se lo è chiesto anche il consiglio della seconda Municipalità, il cui presidente, Davide Siracusano, ha chiesto lumi e interventi al sindaco Federico Basile. «L’area di Rfi veniva raggiunta fino al mese scorso da centinaia di mezzi, che indisturbati transitavano dalle vie Adolfo Celi, Contesse, Calispera, Cotnessa Eleonora, Contessa Beatrice, per poi utilizzare come accesso il cancello posto in via Michele Valori», ha sottolineato Siracusano, in una nota del 3 dicembre. Poi «all’improvviso avveniva il fermo degli stessi mezzi, ma contestualmente si provvedeva alla veloce copertura con dei teloni del materiale stoccato, generando una grande apprensione e inquietudine tra i residenti dei villaggi di Contesse e Unrra». Siracusano e i consiglieri si chiedono perché. Se lo chiede anche il deputato regionale Lombardo. E lo stesso sindaco, si viene a sapere da Palazzo Zanca, chiederà spiegazioni a Rfi e al Consorzio, come fatto dalla Città metropolitana. Nessun allarmismo, ma una sacrosanta richiesta di risposte, a questo punto non più rinviabili.
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